La “vita nei campi” attira: al lavoro 200mila giovani

I dati di Coldiretti confermano il ritorno all’agricoltura: salite del 9% le assunzioni e del 29% gli iscritti nelle scuole di settore. Le esperienze in Fvg di Bonanni e Milic
Di Furio Baldassi

di Furio Baldassi

TRIESTE

Sarà anche solo un segnale di minima, ma di questi tempi non è trascurabile. I giovani stanno riscoprendo i campi. Non quelli da basket o da calcio, ma frutteti, vigneti, coltivazioni in genere. L’ultima indagine della Coldiretti non lascia troppi dubbi in materia. L’occupazione giovanile cresce solo in agricoltura, che fa segnare un aumento record del 9 per cento nelle assunzioni di giovani under 35 anni nel primo trimestre del 2013.

Il dato arriva direttamente dal presidente della Coldiretti Sergio Marini, che mette anche in risalto come dal ricambio generazionale in agricoltura sia possibile l’inserimento di 200mila giovani nelle campagne. «L’agricoltura - assicura - è l’unico settore che dimostra segni di vitalità economica con una variazione tendenziale positiva del Pil (+0,1 per cento) ed un aumento degli occupati dipendenti complessivi (+0,7 per cento), in netta controtendenza rispetto agli altri comparti nel primo trimestre dell’anno».

Una buona notizia tout court? Di sicuro, annota ancora Marini, «la conferma della validità del modello di sviluppo agricolo Made in Italy che è fondato sul valorizzazione dell’identità, della qualità, delle specificità». Va detto, peraltro che l’agricoltura è ancora ben lungi dal garantire un reddito adeguato ma semmai, come sottolineano i vertici Coldiretti, «una visione di futuro e di prospettive e di fiducia che non c’è negli altri settori».

La scelta, peraltro, si ammanta talvolta di idealismo, va a sublimare scelte che qualcuno ha sognato fin da bambino. È il caso di Devis Bonanni di Raveo, vicino a Tolmezzo. Nato nel 1984, e non in una famiglia di contadini, si dedica a recuperare l’orto di famiglia già a diciassette anni. Termina le superiori e si iscrive all’Università, per lasciarla ben presto. Lavora quindi per sette anni come tecnico informatico fin quando si licenzia per fare il contadino a tempo pieno, abbinandolo a un progetto di vita all’insegna dell’autosufficienza alimentare. Da buon carnico, liquida in poche parole la sua scelta. «L’atto di tornare alla terra è qualcosa che parla da sé, un atto preponderante e centrale rispetto alla teoria». E ancora: «Ecologia non è salvare il pianeta, ma è il modo per noi uomini di trovare un sistema di vita che sia ecologicamente sostenibile». Concetti forti che applica ogni giorno. felice e in armonia col territorio che lo circonda. Ha anche pubblicato, nel 2012, un libro, “Pecoranera” nel quale spiega che «coltivare i campi è come respirare e nutrirsi, un gesto naturale».

Enrico Maria Milic, triestino, ha voluto invece dare con le iniziative della sua “Cibo.Sì” «la possibilità alle persone di ricollegarsi alla terra e alla sua generosità. Questo vuol dire insegnare la cura della terra e creare un legame sentimentale con essa». Come prima cosa aveva dunque avviato dei corsi sui metodi ecologici per coltivare salvia, lavanda, rosmarino, timo e santoreggia. Un’idea non solo teorica, perchè gli iscritti al corso hanno avuto a disposizione cento metri quadri ciascuno da coltivare, sul Carso sloveno. Di più: visto il successo, successivamente ha dato la possibilità agli interessati di preacquistare l’anno scorso vini naturali, ritirabili in cantina quest’anno tra aprile e settembre 2013. In cambio del pre-acquisto a un prezzo bloccato, «si aveva la certezza che la terra fosse curata con metodi ecologici».

Due esempi regionali, ma emblematici. Come ricordava l’altro giorno anche Carlin Petrini di Slow Food, c’è stato un profondo cambiamento rispetto al passato, quando la vita in campagna era considerata spesso sinonimo di arretratezza e ritardo culturale nei confronti della città. Già vista così, una vera rivoluzione culturale, e come tale accolta. Non è un caso, e sono sempre dati Coldiretti, che il 38 per cento dei giovani preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28 per cento) o fare l’impiegato in banca (26 per cento).

E non finisce qui. La crescita di opportunità nel settore agricolo è resa evidente dal boom del 29 per cento delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli e del 13 per cento negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare ed agroindustria. «Una conferma - gongolano a Roma - del fatto che in agricoltura il lavoro c’è sia per chi vuole trovare una opportunità di occupazione, magari stagionale, sia per chi vuole intraprendere. Circa il 70 per cento delle imprese giovani - continua la Coldiretti - opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche fino agli agriasilo, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche pane, birra, salumi, agrigelati e addirittura agricosmetici.

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