La vita grama dei sindaci Pochi soldi e tanti rischi «Trattati senza dignità»
TRIESTE Povero sindaco Dipiazza. Nei giorni scorsi il primo cittadino di Trieste ha scoperto di dover restituire 18 mila euro dalle indennità percepite finora per un errore di carattere burocratico. Ma a combattere con mille difficoltà e novità (l’ultima chiama in causa progetti di vigilanza privata e steward urbani) e con stipendi non proprio allettanti non è solo il sindaco triestino. La stessa condizione riguarda anche tutti i suoi colleghi. Prendendo a prestito il capolavoro di García Márquez, si potrebbero benissimo chiamare “cinque anni di solitudine”. Spesso “sottopagata”. È la vita grama dei sindaci, che in Friuli Venezia Giulia come nel resto d’Italia si trovano a dover affrontare pesanti responsabilità avendone poco o nulla in cambio. Una volta il primo cittadino era una figura dalla posizione sociale inespugnabile: oggi, soprattutto nei Comuni sotto i mille abitanti, somiglia di più ai precari con stipendi liofilizzati costretti a fare più lavori.
C’è qualcuno, come l’ex sindaco di Forlì Roberto Balzani, che qualche anno fa sulla sua esperienza da primo cittadino ha intitolato proprio così (Cinque anni di solitudine) un divertente libricino. Una carica molto onerosa, ma spesso poco appagante. Di certo, non lo si fa per vedere la propria busta paga lievitare. Ma i problemi sono anche altri. E molti. Tra fattori strutturali e contingenti, la cronica mancanza di risorse per i territori, i vincoli di bilancio, il crescente centralismo per cui più forte è la leadership di chi è al governo più diventa difficile costruire una classe politica locale, la distanza tra i partiti centrali e i rappresentanti del territorio, tra il fatto che il primo cittadino è il parafulmine di tutto quello che succede nel suo comune e tra le mille insidie che si possono nascondere dietro un concorso, un appalto o una delibera, ecco, per tutto questo, oggi a fare il sindaco ci si sente soli. Un mestiere difficile che regala, però, anche delle soddisfazioni. Senza l’amore per il proprio territorio, infatti, nessuno si cimenterebbe in simili imprese. Per capire come se la passano oggi i primi cittadini abbiamo fatto un viaggio tra grandi e piccole realtà del Fvg. Ecco quello che i sindaci ci hanno raccontato.
TRIESTE
A proposito di soldi, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ne fa una questione di principio: «Ma ti pare dignitoso che il primo cittadino di una città capoluogo di regione, prenda meno di qualsiasi dirigente del suo stesso Comune? Con rispetto parlando». L’indennità del sindaco ammonta a 2.800 euro netti al mese. «Se lo racconto in giro la gente non mi crede», sbotta Dipiazza. Va detto che non è questa la cifra standard dell’indennità del sindaco triestino: il passato da imprenditore di Dipiazza, e la conseguente dichiarazione dei redditi d’altro profilo, pesa sul meccanismo che limita gli importi in caso di patrimoni importanti. Un primo cittadino meno abbiente porterebbe a casa circa 4 mila euro. «Certo non si può pensare che lo faccia per soldi. Lavori con una retribuzione del genere ne troverei quanti ne voglio, ho pur sempre iniziato facendo il garzone. E non avrei tutte le pesantissime responsabilità penali che ho ora».
MUGGIA
«Io arrivo da un’esperienza precedente di vicesindaco perciò non sono stata catapultata nella macchina comunale inconscia di quello a cui andavo incontro. Certo, la solitudine c’è. Nemmeno il vice, a volte, si rende conto di quanto il sindaco si ritrovi ad essere l’unico ad avere tutta una serie di responsabilità che non può condividere con nessuno. I sindaci, poi, sono sempre gli unici responsabili delle azioni di chiunque faccia parte del suo staff. Agli occhi del cittadino è l’unico che risponde: è il catalizzatore di tutto». Anche poco distante da Trieste, a Muggia, la musica per il sindaco Laura Marzi non cambia. La fatica maggiore: far quadrare i conti. «Ci troviamo a dover combattere con incertezze, che arrivano dallo Stato e dalla Regione, e a dover far quadrare i conti per erogare i servizi. Scegliere a quali dare la priorità. Fare queste scelte è una responsabilità grossa e pesante perché non abbiamo i mezzi per dare al cittadino tutto quello che vorremmo». Marzi, un passato da erborista, ha smesso di lavorare per scelta ormai 6 anni fa. «Da allora dedico interamente la mia giornata al comune. Entro in municipio alle 8.30 e spesso succede che esca alle 21. Giornate pesanti». E il rapporto con la politica “alta”? «Gli amministratori sono un po’ dimenticati dai partiti centrali. Una volta che arriviamo a “conquistare” la nostra posizione, anche grazie al supporto dei partiti, poi sono i partiti stessi che si interessano meno all’azione amministrativa».
DUINO AURISINA
«Soprattutto nei comuni piccoli, bisogna avere una grande passione per il territorio perché fare il sindaco è un grande impegno. Oggi lo faccio a tempo pieno. Ho una mia azienda, che ho dovuto però riorganizzare: fortuna che ho tre bravi soci che la mandano avanti», racconta Daniela Pallotta, da un anno in sella al comune di Duino Aurisina. «La mia giornata tipo? La mattina inizio verso le 8-8.30 e sto in municipio tutta la mattina. Al pomeriggio preferisco stare tra la gente: in un piccolo comune il sindaco lo conoscono tutti, quindi mi fermano, pacche sulle spalle. E questa è la parte bella». E le criticità maggiori? «I ritmi lenti. A volte vorresti fare tutto subito, ma ci si scontra con tanti passaggi burocratici. E con scarse risorse: i soldi son sempre meno e i vincoli sempre di più. Quel libro di Balzani (Cinque anni di solitudine) l’avevo anche comprato, ma forse non l’ho letto con attenzione», scherza. «Però ho un’ottima squadra, e questo è fondamentale. E devo dire che con la Regione c’è un ottimo rapporto. Certo, è un mestiere che non si decide di fare per la busta paga. Da noi il sindaco prende 1.400 euro se ha un lavoro dipendente, per chi invece è un libero professionista sono 1.900 euro, da cui bisogna detrarre quei 300 euro di Inps che uno si paga da solo».
GORIZIA
Ci spostiamo a Gorizia, dove il sindaco Rodolfo Ziberna racconta la sua esperienza. «La mia indennità netta è attorno ai 3.300 euro. È circa la metà di quel che prendevo da consigliere regionale. Ogni mese mi faccio trattenere 200 euro che vengono impiegati dal Comune in interventi di carattere sociale. Io posso farne a meno, per altri è importante». Considerato che Ziberna ha lasciato l’aula di piazza Oberdan per correre a Gorizia, non si può dire che ci abbia guadagnato. «Per fortuna mia moglie mi sostiene. Mi ha detto: “La famiglia è con te, purché tu torni a casa soddisfatto di quello che fai”. Infatti oggi, anche quando ho avuto una giornata infernale, dico sempre che è andato tutto alla grande!». Personalità istrionica, del suo lavoro di sindaco Ziberna apprezza la possibilità di incontrare in prima persona un sacco di gente. «Prima, quand’ero in Consiglio, mi rapportavo soprattutto con categorie, associazioni. E nell’immaginario collettivo ero parte della casta. Ora invece ho un rapporto diretto con i cittadini, e il sindaco è visto come uno che si rimbocca le maniche». Ziberna cura minuziosamente il suo rapporto con le persone. «Si parte anche dalle piccole cose. Ho 5 mila amicizie virtuali su Facebook. Ogni mattina faccio personalmente gli auguri a chi compie gli anni. E poi in Comune non c’è stato un giorno in cui non abbia ricevuto dei cittadini e risposto alle loro mail. Ma quello che mi piace alla fin fine è questo: la gente che ti ferma per strada, la pacca sulla spalla. Lavoro 80 ore la settimana per questo». Certo, ci sono anche gli aspetti negativi. «Io sono uno che si addormenta subito, ma alle volte mi sveglio nel cuore della notte e vengo sommerso dal pensiero delle scadenze, delle cose da fare, delle responsabilità penali. La paura è sempre qualcosa che vada storto, la legge di Murphy. Ecco, non ho ancora scoperto un equivalente in positivo della legge di Murphy: “Se qualcosa può andar bene lo farà”. Però alla fin fine ogni lavoro ha i suoi problemi, e a me questo piace».
SAVOGNA
A due passi da Gorizia, la sindaca di Savogna, Alenka Florenin, prende ogni mattina la sua macchina per andare a lavorare a Trieste, dov’è regista di programmi in lingua slovena per la Rai. Il resto del suo tempo lo dedica all’impiego di prima cittadina. «Non è una cosa che lascia molto tempo per la famiglia», spiega. Savogna è un Comune di circa 1.700 abitanti suddivisi in cinque borghi, ognuno con un’identità ben distinta, fra Isonzo e Vipacco. Anche Florenin, come i suoi colleghi degli altri enti della stessa stazza, riceve poco più di 500 euro al mese. Sindaca pendolare, si alterna fra il lavoro a Trieste e quello in Comune: «Per fortuna il mio impiego in Rai mi consente anche di pensare, rispondere alle mail, e come amministratore operare nel mondo dell’informazione è utile. Fare il sindaco, comunque, è un ruolo che non ti lascia mai, con la testa sei sempre lì». Anche perché nelle piccole comunità ci si deve saper giostrare fra mille ruoli. «Organizzo le iniziative, scrivo i comunicati, mando gli inviti. Faccio di tutto. Dipende anche dal carattere. Io devo avere tutto sotto controllo, forse anche troppo a volte, i miei due assessori ne sanno qualcosa», scherza. La sindaca è in carica dal 2009: «Ho visto molte cose cambiare. Gli anni della crisi economica acuta sono stati molto duri. Ma anche adesso è difficile per i piccoli comuni: mancano le energie, e si parla tanto di Comparto unico quando in realtà non è unico affatto».
SAN FLORIANO
Non è diverso il punto di vista di un’altra sindaca. Franca Padovan è in carica da quasi un decennio nella sua San Floriano (meno di 800 abitanti), deliziosamente abbarbicata sui saliscendi del Collio. Insegnante di religione in due istituti di lingua slovena, alterna il suo mestiere “storico” all’impegno di amministratrice. «Prendo 570 euro al mese netti. È poco perché il lavoro è tanto. In un grande comune si può delegare, qui invece bisogna essere sempre in prima fila, e le responsabilità sono tante». Da quando è in carica, Padovan ha usufruito della possibilità per i dipendenti pubblici di prendere 12 ore di permesso la settimana: «In pratica faccio da insegnante part time, e questo mi consente di fare la sindaca». Una veste, quella del primo cittadino, che non si sveste facilmente. «Nei comuni della minoranza slovena il sindaco ha ancora l’aura di una volta: è come il parroco, il medico, il carabiniere. La gente ti ferma, si informa, segnala. Non c’è un orario per questo, io ci sono sempre. Anche la domenica mattina a messa». Nel corso degli anni Padovan ha visto cambiare molte cose, spesso in peggio: «Amministrare è sempre più difficile. Lo Stato e la Regione ci sommergono di burocrazia». Il giudizio però resta positivo: «Infatti ho corso anche per il secondo mandato». Infine la famiglia: «Il tempo con i famigliari ne risente. Per fortuna mia figlia ormai è grande e mio marito mi ha sempre sostenuta. Se avessi avuto figli piccoli o se il mio compagno non mi avesse supportato non avrei mai tentato questa avventura». —
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