La violenza contro le donne scatena la protesta in Kosovo

Rabbia popolare sull’onda dalla storia di una ragazza stuprata dall’agente al quale si era rivolta dopo essere stata violentata da un docente

BELGRADO Una storia terribile, fatta di stupri e ingiustizia. Che scuote e fa insorgere un intero Paese, dopo aver toccato nervi scoperti e problemi apertissimi. Come la scarsa fiducia nell’autorità e la violenza contro le donne. Il Kosovo è una nazione turbata in questi giorni da rivelazioni terribili sul destino di una ragazza originaria della cittadina di Drenas, poco lontana da Pristina. La giovane, è emerso, sarebbe stata violentata due anni fa – quando aveva solo sedici anni – da un insegnante della sua scuola. Dopo lo stupro, la giovane si è rivolta immediatamente alla locale stazione di polizia. Non trovando aiuto, ma solo un altro mostro. Mostro con l’uniforme, un agente cui era stato assegnato il caso, che invece di indagare avrebbe ripetutamente stuprato la ragazza. Non è finita. Giovedì la polizia kosovara ha annunciato l’arresto di un docente, di un poliziotto. E di un ginecologo, sospettato di aver eseguito un aborto illegale dopo che la giovane era rimasta incinta.

Il caso Drenas non è passato inosservato: proteste contro «casi del genere che non vanno lasciati passare sotto silenzio, per evitarne altri» si sono tenute sia nella cittadina, sia nella capitale, affollatissime in particolari di giovani che hanno innalzato cartelli con scritte come «vergogna», «stupratori in galera», «republic, no rape (stupro, nda) public», «pericolo, zona pedofili».

Ma il caso potrebbe essere solo la punta di un iceberg e sarebbe la prova «dello stop al processo di costruzione di uno Stato» moderno, hanno denunciato varie organizzazioni della società civile, chiedendo alle autorità di punire non solo i presunti responsabili, ma anche i loro superiori. E di organizzare «training per la polizia», introducendo un «codice etico» da far rispettare.

La rabbia popolare è giustificata anche dal quadro complessivo, con recenti studi che hanno segnalato la gravità del problema della violenza domestica e contro le donne in generale, in una società ancora patriarcale, dove rimane un tabù denunciare. E spesso, quando accade, il sistema giudiziario, malgrado i buoni strumenti giuridici, si mostra poco attento alle vittime.

Ma a reagire, questa volta, non è stata solo la piazza. Il presidente Hashim Thaci ha definito il caso «mostruoso e tragico», mentre il deputato Fatmir Kollcaku, durante una sessione parlamentare d’urgenza, ha posto l’accento sul fatto che la giovane «è stata vittima di coloro di cui si sarebbe dovuta fidare di più». Anche l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha voluto far sentire la sua voce, parlando di «presunti atti terribili e inaccettabili». E chiedendo alle autorità «sostegno» per la ragazza e, finalmente, vera giustizia. —
 

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