La vera storia di Traviata, un’escort come ad Arcore
Chi era Traviata? La Marguerite letteraria o la Violetta musicale? E chi era la giovane e poverissima Alphonsine, venduta dai genitori a una carovana di zingari, che diventerà la regina della mondanità parigina dell’Ottocento? Quale tremenda vicenda familiare si nasconde dietro la sua breve e folgorante parabola?
Corrado Augias e il pianista Giuseppe Fausto Modugno lo racconteranno, stasera in una data unica, al Politeama Rossetti, mettendo in scena alle 20.30 “La vera storia di Traviata” per la regia di Stefano Mazzonis di Pralafera e la produzione dell’Opera Royal de Wallonei-Liegi. Un omaggio inconsueto, che sceglie lo strumento del “recital raccontato” per accompagnare lo spettatore dentro un personaggio diventato mito, intrecciando storia, musica, narrazione. Così lo anticipa l’eclettico Corrado Augias, giornalista e saggista, che frequenta da tempo questo genere di spettacolo, con cui ha già portato in scena le vite di Mozart e Chopin.
Com’è nata questa particolare Traviata?
«Con il maestro Modugno e gli amici di Promomusic ci siamo posti il problema di come ricordare il bicentenario di Verdi in un modo diverso da una conferenza. E così abbiamo pensato di concentrarci sull’opera più amata dal pubblico e anche da me personalmente, un’opera che contiene una storia favolosa dal punto di vista musicale, umano, artistico e letterario».
E che non tutti conoscono nei dettagli...
«Appunto. Una ragazzina di sedici anni, Alphonsine Plessis, arriva a Parigi e si mette a fare la puttana. Nel giro di poco tempo diventa Marie Duplessis, una delle cocotte più ricche e celebrate. Ha una relazione con Dumas figlio, che dura pochi mesi. Lei muore di tisi e quando lui rientra da un soggiorno all’estero, in parte colpito, in parte intuendo la forza della vicenda, scrive “La signora delle camelie” e chiama la protagonista Marguerite Gautier. Il libro diventa una commedia e Verdi, che è di passaggio a Parigi nel 1852, vede lo spettacolo e ne ricava un’opera, trasformando l’eroina in Violetta Valéry. Alphonsine ha attraversato un romanzo, una commedia, un’opera e tutto nella società francese di metà Ottocento».
Lo spettacolo vive di racconto e ascolto.
«Il maestro Modugno, infatti, in parallelo alle curiosità della storia, ha il compito di svelare i “trucchi”, o per meglio dire le “tecniche” di composizione. Come lo stesso tema, modificato nei toni, diventi un’altra cosa».
Traviata l’abbiamo vista in tivù, adesso in teatro, tra pochi giorni aprirà la stagione della Scala. Non c’è il pericolo di un’overdose?
«Credo il contrario, magari un’overdose ogni momento da Traviata. Pochi sanno che questo è uno dei capolavori assoluti di Verdi. Una lezione-concerto, come la nostra, predispone al migliore ascolto dell’opera della Scala, che sarà data in diretta radiofonica. Sappiamo che a Trieste c’è un pubblico di melomani: non li deluderemo».
Lei crede che questa storia possa parlare ancora ai giovani?
«Raramente si sceglie la strada di entrare nell’universo musicale attraverso il linguaggio. Abbiamo scoperto che alle nostre chiacchierate ci sono molti ragazzi, perchè ascoltano una storia che non conoscono. Verdi mette in scena la contemporaneità, come se noi ricavassimo un’opera dal bunga bunga o dalle notti di Arcore. E c’è una profonda differenza psicologica tra Dumas e Verdi: uno si conferma francese e uno profondamente italiano. Spiegheremo perchè».
Traviata e bunga bunga. Non è un paragone azzardato?
«Dumas racconta la storia di una prostituta d’alto bordo, la “signora delle camelie” è un sottinteso letterario. Ad Arcore che cosa c’era se non prostitute d’alto bordo e ben pagate?».
Augias ha fatto fino a poco tempo fa la televisione ogni giorno, scrive libri, ha una rubrica su un quotidiano, adesso il teatro. C’è un filo conduttore?
«Nella forma, sono un professore mancato, mi piace raccontare le cose e farle capire. Tutti i miei libri di saggistica hanno questo obiettivo: dare ai lettori che lo desiderino, informazioni oneste, in buona fede e accurate. Ho fatto lo stesso con la Traviata. Quanto al motivo interno di queste mie attività, è coperto dal pudore».
Che Italia vede dal suo osservatorio della rubrica di lettere su Repubblica?
«Triste. Ne pubblico una ogni tanto, ma più volte esito. La gente è affranta, i segnali che mi arrivano sono brutti, e il giornale non può intervenire se non dicendo un “la capisco”, o frasi di circostanza di questo tipo. Così cerco altro. Abbiamo passato momenti peggiori, intendiamoci. Io stesso, da bambino, ho conosciuto l’Italia povera, che usciva dalla guerra, e che poi ha cominciato la sua lenta ascesa verso il benessere. Ma oggi non siamo più abituati a questa situazione, tornare indietro è doloroso».
Grillo nel suo “vaffa day” ha detto ai giovani: “restate e cospirate”. Lei è d’accordo?
«Ma che stupidaggine, per carità. Che vuol dire “cospirate”? Grillo ha tali potenzialità, se solo sapesse di che cosa parla...».
@boria_A
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