La Ue stoppa il gasdotto South Stream

«L’accordo tra Mosca e i Paesi interessati dal progetto viola le norme europee». Gazprom obbligata a rinegoziare le intese
Di Stefano Giantin
epa03963931 Steel pipe before the ceremony for the construction of the South Stream gas pipeline in a field north of Belgrade marked the ceremonial start of construction work in Serbia, 24 November 2013. EPA/KOCA SULEJMANOVIC
epa03963931 Steel pipe before the ceremony for the construction of the South Stream gas pipeline in a field north of Belgrade marked the ceremonial start of construction work in Serbia, 24 November 2013. EPA/KOCA SULEJMANOVIC

BELGRADO. Tutto sbagliato, tutto da rifare. Da rifare perché le fondamenta stesse del progetto violerebbero le norme stabilite da Bruxelles. Progetto, quello del gasdotto South Stream, che ha incassato un duro colpo da parte della Commissione europea, ormai in prima fila per frenare lo snodarsi del “serpente” che dovrà convogliare il gas russo in Europa bypassando l’Ucraina. Commissione che ha «analizzato» in particolare «gli accordi intergovernativi» tra Mosca e i Paesi che saranno solcati dal braccio principale di South Stream – Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovenia –«arrivando alla conclusione che nessuna di quelle intese è in regola con le leggi Ue». Parola di Klaus-Dieter Borchardt, figura apicale della Direzione generale per l’Energia. Borchardt che, intervenuto durante la tappa belga del ciclo di conferenze “Gas Dialogues”, ha aggiunto che gli Stati che hanno firmato i patti con Gazprom «sono già stati informati» della posizione dell’Unione. E del fatto che «sono obbligati da trattati Ue o da trattati della Energy Community», organizzazione che comprende anche i Balcani extra-Ue, a «rinegoziare gli accordi stipulati con la Russia, in modo che essi rispettino la normativa» dell’Ue, queste le intransigenti affermazioni del funzionario riportate dal portale specializzato Euractiv e poi confermate ieri da un portavoce delle istituzioni di Bruxelles, Marlene Holzner. Borchardt che ha specificato che la rinegoziazione delle intese con Mosca dovrà riguardare tre scogli principali. Quello delle tariffe, che dovrebbero essere determinate da un organismo terzo e non solo da Gazprom. Quello della cosiddetta regola dell’“unbundling” prevista dal Terzo pacchetto energia, che sancisce il principio della separazione tra produttore di gas, nel caso in questione, e distributore. In ultimo, sarà necessario annullare il rischio dell’«uso esclusivo» da parte di Gazprom del gasdotto, che dovrà invece essere a disposizione anche di terze parti interessate a distribuire gas. Cosa succederà in caso di rifiuto della rinegoziazione da parte di nazioni Ue? Se la rinegoziazione dovesse essere impraticabile per l’opposizione di Mosca, le intese dovranno allora essere invalidate dai membri Ue coinvolti e la Commissione «ha gli strumenti e le proprie vie» per costringerli a farlo, ha sottolineato Borchardt. In caso di rifiuto da parte dei Paesi Ue a ridiscutere gli accordi, allora potrebbero partire le «procedure d’infrazione», multe salate, ha rimarcato ieri Holzner. Ma sarà possibile riesaminare gli accordi già firmati con il gigante russo? Difficile prevederlo, anche se la Slovenia ha ieri già risposto picche agli auspici-diktat di Bruxelles, come ha fatto anche la Serbia, mentre la Bulgaria si è detta a favore dell’apertura di un tavolo di discussione tra Ue e Mosca sul gasdotto, allo stesso tempo futuro cordone ombelicale e nuovo fronte caldo - come se l'Ucraina non bastasse - tra Europa e Russia.

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