La Ue fissa nuovi paletti per la pesca in Adriatico: a rischio sardoni e triglie

Imposte limitazioni alla cattura di alcune specie ittiche e riduzioni del numero di giornate in mare. Gli addetti ai lavori: «Diktat assurdi, il settore è in ginocchio»
sterle trieste racconto di pesca
sterle trieste racconto di pesca

TRIESTE Meno triglie e naselli, ma anche “sardoni” e “sardelle” per il 2020 dal mare che bagna il Friuli Venezia Giulia. È l’effetto delle limitazioni imposte dall’Unione europea alla pesca a strascico e a circuizione al fine di incentivare una gestione sostenibile degli stock ittici. Limitazioni che, sottolineano gli addetti ai lavori della regione, però non tengono conto delle peculiarità dei territori e metteranno dunque ulteriormente a dura prova un settore già penalizzato negli ultimi anni da altri interventi comunitari.

Il regolamento del Consiglio dell’Unione europea, in linea con i Piani di gestione triennali nazionali concepiti sugli obiettivi della Politica comune della pesca, tocca appunto anche l’Adriatico, dove verrà ridotto lo sforzo pesca e cattura delle piccole specie pelagiche (acciuga e sardina) e lo sforzo pesca di “demersali” quali scampo, sogliola e gambero rosa. Mentre nel Mediterraneo Occidentale sono sottoposti a riduzione, oltre a scampo, nasello, triglia e gambero rosa, anche gambero rosso e viola. Si aggiunge poi, per l’intero Mare nostrum, un periodo di fermo di tre mesi per la pesca dell’anguilla. Non sfugge ai diktat Ue nemmeno il Mar Nero con la pesca di spratto e rombo chiodato.

Le misure adottate, che riguardano Italia, Francia e Spagna, prevedono poi una diminuzione delle giornate trascorse in mare per i pescatori del 10%, cifra che potrebbe raggiungere il 40% nei prossimi quattro anni. Sono numeri che nell’area del Fvg colpiscono in primis la pesca del nasello e della triglia con 15 giorni di fermo pesca su 160, cinque in più rispetto ai dieci dello scorso anno. Il che, spiega Guido Doz, responsabile regionale A.G.C.I. Agrital (Associazione Generale Cooperative Italiane), «vuol dire non pescare proprio per una giornata: perché non esiste una specifica pesca del nasello e della triglia». «Questo – continua - significa non lavorare più e non tenere più in piedi l’azienda dal punto di vista economico, quindi adesso stiamo calcolando l’effetto che avrà e capendo se vale la pena andare avanti».

Il regolamento europeo conferma anche il fermo pesca per le specie pelagiche, cioè in FVg sardine e alici, con l’uscita in mare per 144 giorni all’anno. In questo caso però il problema, che si era già posto lo scorso anno, come evidenzia Giovanni Dean, segretario del settore pesca di FedAgripesca Fvg, è che «il fermo è stato imposto ad agosto e, considerando il breve periodo nell'anno in cui queste specie stanno nelle nostre zone, questo è un grosso danno per i pescatori triestini. L’anno scorso la contrattazione con il ministero per spostare il fermo a settembre non è andata a buon fine – evidenzia -, adesso siamo a gennaio, speriamo di avere ancora dei margini per il 2020».

Preoccupazioni queste che si sommano in un settore già provato negli anni scorsi da ulteriori tagli prescritti dall’Ue. «In Fvg noi pescatori abbiamo già ridotto del 40% in cinque anni le uscite in barca e pure il numero di imbarcazioni. Hanno pesato anche altre disposizioni come l’obbligo di allargare le maglie delle reti». Doz presenta i numeri: in cinque anni da 470 imbarcazioni in Fvg si è passati a 230 di oggi. Nel 2019 sono stati cento i pescatori che hanno tirato i remi in barca. «In 15 ad esempio hanno lasciato per la crisi e hanno demolito il peschereccio, licenziando l'equipaggio (4/5 marinai ciascuno) - spiega Doz -, una decina invece è andata in pensione». Per i rappresentanti di categoria le misure adottate da anni dall’Ue per raggiungere l’equilibrio tra numero di imbarcazioni e quota pesce non rispettano le peculiarità territoriali. «Bisognerebbe riuscire a proporre alla Commissione europea un controllo della pesca in Adriatico, non basato sul numero dei giorni di pesca, ma su altre misure tecniche, come l'uso di attrezzi che evitano di pescare nelle zone di riproduzione o nelle zone nursery. È però una contrattazione difficile». D’accordo su un cambio di rotta anche Riccardo Milocco, presidente della Cooperativa pescatori San Vito: «Se le attuali misure in atto non hanno ottenuto benefici, bisogna andare a vedere i problemi a monte, come i cambiamenti climatici». —




 

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