La Trieste di Saba ora parla inglese, russo e friulano
Dicono che la poesia unisca e non divida. Ma c’è da scommettere che certi incurabili ammalati di campanilismo troveranno il modo per alzare la voce. E sì, perché la lirica più profondamente triestina di Umberto Saba, quella che viene citata da tutti, in tutto il mondo, per raccontare l’anima segreta della città, “Trieste” appunto, riaffiora adesso tradotta in lingua friulana.
E il bello è che suona assai bene. Sentite com’è musicale solo l’incipit: «O ai traversiade dute la citat. Po o soi lat par une erte, popolose in principi, in la deserte, sierade cuntun murut». E nel passaggio più famoso dice: «Triest a la une scontrose grazia. Se el plas, al è come un mulat rusi e seneos, cui voi turchins e li smans masse grandis par regalà un flor; come un amor cun zelosie».
Ma è proprio da qui, dall’idea di trasformare i versi di Saba in una staffetta che sappia abbattere i confini, reali e mentali, tra uomini che vivono lontani, o a stretto contatto di gomito, che è nato il progetto “Trieste”. Un libretto, pubblicato con grande cura editoriale da Mgs Press (pagg. 47, euro 9), in collaborazione con la Libreria antiquaria “Umberto Saba” di via San Nicolò a Trieste, che ripropone i famosissimi versi del poeta del “Canzoniere” in sedici lingue diverse.
Scritta tra il 1910 e il 1912, composta da 24 versi, simbolo di quella «poesia onesta» che Saba ha inseguito per tutta la sua vita, dando voce con parole essenziali ai suoi sguardi profondi e inquieti sulla realtà, “Trieste” contiene in un pugno di parole il legame profondo che legava l’autore alla sua città. Renzo S. Crivelli, nella sua prefazione “Il luogo dell’anima”, definisce Trieste «una sorta di “ombelico del mondo” per Saba, un luogo unico e plurimo, fatto di vie, strade, case, piazze, tutte “ferite” da intensi squarci di cielo e segnate da fenditure di mare».
Saba, in “Trieste”, immaginava di attraversare la città, per poi risalirla lungo una strada ripida e raggiungere un luogo appartato. Quasi ai confini estremi del centro abitato. Un cantuccio segreto dove sedersi a rimirare quel luogo in cui si respira «un’aria strana, un’aria tormentosa». L’aria natia, che porta con sé voci e ricordi, illusioni e dolori, preoccupazioni e brandelli di speranza.
E allora, negli occhi che guardano la realtà attraverso il velo dell’immaginazione, Saba trasfigura Trieste e la trasforma in un ragazzaccio aspro e vorace. Una sorta di proiezione del poeta stesso. Che, dice chi lo ha conosciuto bene, era sempre pronto a lasciarsi andare alle recriminazioni, alle lamentele, alle polemiche contro tutti e contro tutto. Ma che, dentro di sé, portava il fardello dolcissimo e ingombrante di un approccio lucido, implacabile, eppure poetico ai fatti minimi della vita.
Dall’inglese al russo, dallo sloveno al portoghese, dall’olandese al croato, al cinese, al giapponese, senza dimenticare la lingua madre dell’autore, cioè il triestino, questo libro diventa monumento indistruttibile alla Trieste di Saba. Dove ancora si respira quell’aria strana e tormentosa che lo ha nutrito e inquietato per tutta la vita. L’aria di un luogo dell’anima, dove il dolore si lascia illuminare da una scontrosa grazia.
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