La Trieste degli idrovolanti tra modellini e foto d’epoca

Inaugurata alla Lega Navale la mostra sui 90 anni del primo volo per Torino. Altri scatti al Caffè degli Specchi, alla Camera di Commercio e in Capitaneria
Un idrovolante in una foto d'epoca scattata sulle Rive di Trieste
Un idrovolante in una foto d'epoca scattata sulle Rive di Trieste

TRIESTE Ci fu un’epoca, nel periodo a cavallo tra le due guerre mondiali, in cui il padrone incontrastato dei cieli era l’idrovolante, che sembrava destinato a prendere il sopravvento sugli aerei terrestri perché non necessitava di grandi infrastrutture aeroportuali per il decollo e l’ammaraggio e consentiva di atterrare anche in centro città, purché vi fosse uno specchio d’acqua disponibile. Fu a quel tempo che i fratelli Cosulich, lungimiranti costruttori navali di origini lussinesi, decisero di buttarsi nel business del volo, fondando nel 1924 la compagnia aerea Sisa, sotto il cui marchio iniziarono la costruzione di alcuni esemplari di idrovolante, e avviando una scuola per piloti militari a Portorose.

La supremazia degli idrovolanti sugli aerei terrestri non durò a lungo, eppure il fascino di calarsi dall’alto per posarsi sull’acqua, a due passi dal centro cittadino, rimane tutt’oggi immutato. Un’occasione per rivivere i fasti dell’epoca degli idrovolanti, che con i Cosulich vide Trieste protagonista, nell’aprile del 1926 e insieme a Torino e Pavia, dell’apertura della prima linea aerea commerciale d’Italia, è offerto in questi giorni dalla mostra fotografica allestita nella sede triestina della Lega Navale Italiana.

Il decollo dal Molo Audace che cambiò la storia del volo
Il "Cant 10" protagonista del primo volo commerciale italiano che collegò Trieste a Torino

Inaugurata giovedì con una conferenza dedicata alla storia degli idrovolanti della Sisa e alle memorabili imprese del grande pilota triestino Gianni Widmer, l’esposizione raccoglie una sessantina di foto d’epoca e alcuni modellini di idrovolante che ripercorrono l’evoluzione storica di questi aerei, riportandoci a un’epoca in cui ai piloti erano richieste non solo grande preparazione tecnica ma anche una grossa dose di coraggio, perché librarsi nei cieli senza l’ausilio della moderna strumentazione di volo significava fare affidamento soltanto su se stessi, essere soli in mezzo alle nuvole.

A ricostruire l’affascinante storia che lega Trieste agli idrovolanti, al mare e al cielo, sono stati per l’occasione il curatore della mostra, collezionista e storico Mario Tomarchio, il presidente della Lega Navale Pierpaolo Scubini, il presidente dell’associazione di cultura aeronautica “MareCielo Gianni Widmer” Egidio Braicovich e il vicepreside del Nautico Bruno Zvech.

Al Caffè degli Specchi inoltre, dove sono ospitate un’altra ventina di foto d’epoca dedicate alla storia degli idrovolanti, ieri si è tenuta la presentazione del libro “Gianni Widmer, aviatore di frontiera”, in presenza dell’autore Mauro Antonellini. La fama dell’aviatore triestino, che per i Cosulich fu istruttore della scuola per piloti da loro fondata a Portorose e che nel 1926 diresse le operazioni di volo dei quattro idrovolanti che coprirono per la prima volta la tratta Trieste-Torino, fu grande soprattutto in Romagna: furono molti i bambini che dopo la sua calata dai cieli a Lugo di Romagna, nel 1913 e davanti a migliaia di persone, furono battezzati con il nome Widmer. L’esposizione fotografica “diffusa” (altri scatti d’epoca si trovano anche in Camera di Commercio e alla Capitaneria di Porto) è propedeutica alla rievocazione storica del primo volo di idrovolanti nella tratta Trieste-Torino, che si terrà nelle giornate del 16 e del 17 aprile e avrà come protagonisti due idrovolanti Cessna 206, gli attuali eredi dei Cant 10/ter delle officine aeronautiche dei Cosulich, protagonisti dell’impresa del 1926.

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