La Trieste che cura i “cuori infranti”
Passa per Trieste, perché com’è noto è qui che è stata scoperta, la cura per rigenerare il cuore dopo un infarto. La rivoluzionaria ricerca, che ha fatto il giro del mondo e vanta anche una pubblicazione sulla rivista Nature, è stata concepita dal Centro internazionale di Ingegneria genetica e biotecnologie (Icbeg) di Trieste e dal Centro cardiovascolare dell’Azienda ospedaliera di Trieste.
Ed è proprio per la sua carica rivoluzionaria sulla cura delle patologie cardiovascolari -in assoluto la principale causa di mortalità al mondo - che ieri al Revoltella la ricerca triestina è stata al centro dell’ultimo ciclo di incontri di divulgazione scientifica “Science & The City”, ideati dallo stesso Icbeg con l’apporto di Rotary Club Trieste Nord, la collaborazione del Comune e la media partnership del Piccolo. Si è conclusa così l’affollata serie di incontri pensati per accorciare la distanza tra i non addetti ai lavori e il mondo dell’eccellenza rappresentato dai centri di ricerca. Anche ieri l’auditorium era pieno.
L’infarto del miocardio e lo scompenso cardiaco sono d’altronde un problema che coinvolge l’intera popolazione a livello planetario: basti pensare che una persona su tre muore a causa di una patologia cardiovascolare. Da qui la necessità di capire “Come riparare un cuore infranto”, citando il titolo dato all’iniziativa. Sul palco le due star del campo, Gianfranco Sinagra dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Trieste, responsabile di una delle strutture più all’avanguardia a livello europeo in campo cardiologico, e il direttore della sede di Trieste dell’Icgeb Mauro Giacca, che sviluppa nuove strategie per rigenerare il cuore con i geni o le cellule staminali. Entrambi gli ospiti hanno spiegato come dei piccoli segmenti di acido ribonucleico (Rna) possano indurre la riparazione del cuore quando vengano somministrati dopo un infarto. Il problema chiave delle patologie cardiache è infatti dovuto all’incapacità delle cellule di un cuore adulto di proliferare e dunque di rigenerare il tessuto contrattile quando questo viene danneggiato, tipicamente dopo un infarto. Il team dell’Icbeg ha usato uno screening robotizzato per analizzare le piccole molecole di Rna codificati dal genoma umano, scoprendo che una quarantina di esse sono in grado di stimolare la proliferazione delle cellule adulte del cuore. Ecco che, se somministrate a un cuore che ha subìto un infarto, sono in grado di rimettere in moto la replicazione dei cardiomiociti stimolando la riparazione del danno, non attraverso la formazione di una cicatrice ma promuovendo la formazione di nuove cellule cardiache.
«Scoperte di questo tipo – puntualizza Giacca – hanno solo il 10% di possibilità di tradursi, nel giro di almeno 10 anni, in cure farmacologiche vere e proprie. Abbiamo tuttavia dimostrato per la prima volta che le cellule di un cuore adulto si possono rigenerare e adesso possiamo comprendere meglio i meccanismi sottesi». Fumo, obesità, ipertensione, diabete e colesterolo, i maggiori fattori di rischio elencati da Sinagra. Non fumare, fare attività fisica e mantenersi leggeri, restano insomma le regole per tenersi lontani dall’infarto.
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