La tragica musica di Villa Triste in via Bellosguardo

In via Bellosguardo si trovano belle case. La strada, in un quartiere residenziale, è ricercata da chi vuole acquistare a Trieste. Da alcune abitazioni è possibile ammirare il golfo e godere, specie dopo la bora, di tramonti rosseggianti che lasciano sperare in un soleggiato e sereno domani. Ma nel 1942, in quella strada si udiva una strana musica risuonare da altoparlanti che ne distorcevano le note per i solchi dei dischi divenuti troppo profondi a causa dell’incessante scorrere delle puntine del grammofono o per la riproduzione di un segnale radio troppo debole, che ripeteva marcette di una lingua divenuta nota ma non conosciuta.
La musica proveniva da una villa appartenuta a una famiglia ebrea che vi aveva abitato per parecchio tempo. Erano gente conosciuta, i vicini sapevano come si chiamavano, dove andavano a scuola i più piccoli, che lavoro faceva il loro padre.
Dall’autunno del ’38, però, non si vide più nessuno varcare la soglia di quella dimora. Dopo la promulgazione delle leggi razziali, proprio nella città che vantava la più grande comunità ebraica d’Italia, la fuga. Nessuno dei vicini di casa salutò gli abitanti di quella villa. Né questi ultimi, forse, salutarono. La città aveva già stupito, per l’intolleranza che aveva prevalso, chi aveva voluto scorgere in lei un luminoso esempio di integrazione tra genti di lingua, cultura e religione differenti, un crogiuolo di idee, pensieri, intelletti.
Ci fu, infatti, qualche incendio, ci fu qualche processo con sentenza già scritta.Poi i cancelli di quella villa si riaprirono e furono attraversati, di nuovo, da tante storie. Quelle pareti ricominciaron a udir voce di uomini. Ma non erano voci del quotidiano vivere. Spesso avevano tenore e rigore di comando, talvolta concitata scansione di suoni. E ancora quell’irrequieto e compulsivo battere delle dita sulla macchina per scrivere per acquisire agli atti e per raccontare quelle storie nel modo che veniva dettato non dal protagonista.
Passava gente in divisa da quei cancelli, altra in borghese e questa era particolarmente riverita. Un tal Gaetano Collotti più di tutti e con lui i suoi cortigiani. Divenne la villa sede dell’Ispettorato speciale di Pubblica Sicurezza per la Venezia Giulia, costituito allo scopo di reprimere l’attività antifascista, con una particolare attenzione rivolta a quella slovena, e il Collotti ne era il temuto capo. Un tipo sì distinto, senza segni da cui si sarebbe potuto intuire il suo ruolo e la scelta fatta dopo quel settembre del 1943. Forse un distintivo come di quelli che, prima diffusissimi e ostentati, andavano sempre più scomparendo dalla vista ma erano ancora indossati sotto il cappotto d’inverno pronti ad essere messi in bella mostra in caso di necessità.
Dopo l’8 settembre del 1943 l’Ispettorato Speciale passò alle dirette dipendenze delle SS: Trieste era diventata territorio del Terzo Reich. Quei cancelli furono attraversati da persone che avevano una stella a sei punte sui laceri indumenti.
Sempre più spesso, con il trascorrere dei giorni, da quella villa si udiva musica e quella musica ne contrassegnò irrimediabilmente la “tristezza”. Dai giochi, dagli strilli, dai rumori dei bambini di cui quella villa si era rallegrata e confortata per anni, si passò al triste richiamo di morte.
Quella di Trieste non fu la sola villa da cui in quegli anni proveniva musica. Anche da altre ville, a Milano, Firenze, Genova, Roma, Brescia, Biella, si diffondeva tra le case e le strade vicine della musica e così pure quelle ville divennero “tristi” anche se dalle loro finestre si diffondeva musica. Poi Collotti scappò con l’amante incinta e con lei fu ucciso dai partigiani nei pressi di Treviso. Si raccontava che portava con sé molto oro. Ma del prezioso metallo non si è trovato nulla.
Nella villa di via Bellosguardo, per qualche tempo, non vi furono presenze. Fu abbattuta. Talvolta dalle abitazioni sorte su quel terreno, specie d’estate, si sente musica o la voce di un presentatore di quiz televisivi.
Rosario Roccatagliata
Classe 2.a B
Liceo classico F. Petrarca
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