La testimonianza della dottoressa: «Ci sentiamo stremati e smarriti ma l’affetto della gente ci dà forza»

Parla responsabile del reparto Malattie infettive dell’ospedale Maggiore di Trieste: «A fine turno si torna a casa dalle famiglie: la testa però inevitabilmente rimane in corsia»  

TRIESTE «Abbiamo sentito in maniera inaspettata e provvidenziale l’affetto degli italiani e dei triestini». La voce della dottoressa Donatella Giacomazzi, responsabile del reparto Malattie infettive dell’Azienda sanitaria giuliano-isontina, si rompe per la commozione al pensiero dei tanti gesti di solidarietà arrivati in questi giorni segnati da un’emergenza d proporzioni impossibili da immaginare. «Siamo emotivamente e fisicamente stremati - spiega -. Anche per questo le dimostrazioni d’affetto sono preziosissime. In questi giorni ci hanno lasciato in portineria tantissimo cibo, non sappiamo nemmeno chi è stato, vogliamo però ringraziare tutti di cuore».

Se all’esterno i cittadini hanno voluto manifestare vicinanza con i medici, anche dentro gli ospedali nessuno si è tirato indietro: «A volte ci sentiamo smarriti e stanchi - racconta Giacomazzi -, troviamo però solidarietà nei volti dei colleghi e una grandissima collaborazione con geriatri, internisti, pneumologi e rianimatori». Al centro di tutto questo sforzo c’è il malato: «Quello che più colpisce di questo virus è la grande sofferenza che vediamo negli occhi degli anziani che non possono vedere i familiari: cerchiamo però di metterli in contatto il più possibile».

Il Covid-19 può colpire tutti e per questo l’appello a rimanere a casa è rivolto anche ai giovani. «Ce ne sono alcuni ricoverati nel nostro reparto - spiega -. Vedono la loro salute peggiorare dal punto di vista respiratorio e capiscono come cambia la loro condizione in poco tempo».

In questi giorni l’attività clinica è intensa anche perché si stanno provando nuovi farmaci tra cui il Tocilizumab, un prodotto in realtà pensato per l’artrite reumatoide ma che sta dando qualche risultato. «Lo stiamo testando anche perché siamo comunque un’Azienda sanitaria universitaria - spiega la dottoressa -, però è presto per dire se funziona e non vogliamo dare speranze senza avere certezze».

Raccontare questo virus - arrivato da poco in Italia e subito rivelatosi contagiosissimo - è complesso. Per questo alla popolazione conviene far arrivare o pochi consigli e chiari: «Lo sforzo che dobbiamo fare insieme è quello di rispettare le norme igieniche che partono dal lavarsi spesso le mani. La misura che ha dato gli esiti più importanti è, però, l’isolamento a casa. Una cosa fondamentale è non farsi prendere dall’ansia: in reparto siamo otto medici e uno deve rispondere alle telefonate inoltrate dal 112. Rivolgetevi ai numeri di emergenza solo se ci sono sintomi respiratori».

La struttura complessa Malattie infettive di Asugi è diretta dal professor Roberto Luzzati. In condizioni normali vi lavorano sei medici a cui sono stati aggiunti altri due dottori con contratto a tempo determinato proprio per far fronte all’emergenza. Ad aiutare i medici ci sono anche quindici infermieri (che conosceremo nei prossimi giorni) e sei operatori socio-sanitari.

L’Azienda insomma, con l’impegno del direttore sanitario Adele Maggiore, non si è fatta cogliere di sorpresa. «Non siamo arrivati impreparati, abbiamo aggiunto anche la guardia notturna - spiega Giacomazzi - e oggi abbiamo 17 posti letto, frutto anche dell’acquisizione di quelli della Dermatologia. Il reparto è all’ospedale Maggiore e solitamente ci occupavamo di malattie infettive stagionali e poi epatiti e Aids. Per il Covid-19 inevitabilmente abbiamo aggiunto dei posti anche a Cattinara. Devo ribadire che c’è una grandissima collaborazione con tutti i reparti».

Al centro di tutto ci sono i pazienti: «Rispetto al reparto di Geriatria e alle Rsa, il nostro è un reparto che abbiamo pazienti che richiedono una intensità di cure più alta: ogni volta che entriamo in una stanza ci fermiamo un po’ di più anche perché sono persone in isolamento. Si è creato poi un legame particolare con i pazienti che riescono a migliorare di giorno in giorno - prosegue la responsabile delle Malattie infettive -, li seguiamo con speranza e leggiamo nei loro occhi la felicità che prende il posto della paura quando capiscono che la malattia si sta affievolendo. Con gli anziani il rapporto è più complesso perché spesso sono sedati visto che hanno un respiro molto difficile. Il passaggio successivo qualora dovessero peggiorare le condizioni è in pneumologia e poi in rianimazione dove vengono intubati, da noi è più raro».

Quando il turno finisce, poi, si torna a casa. «In realtà in questo periodo la testa rimane comunque in ospedale. I timori sono tanti - racconta con la voce nuovamente rotta dalla commozione Giacomazzi -. Il primo è quello di vedere un aumento nella sofferenza dei malati e una crescita massiccia dei contagi con il pericolo che non ci siano posti letto per tutti. E poi ovviamente c’è la nostra famiglia: abbiamo fatto i tamponi e siamo negativi, ma la paura resta sempre. L’intero nostro gruppo - medici, infermieri e Oss - sta però reagendo bene e gli specializzandi - conclude - sono sottoposti ad una scuola importante». —


 

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