La super macchina del Cern nasce con il cuore triestino

Il cinquantaseienne Vretenar guida a Ginevra il progetto Linac4 al via il 9 maggio Un testimonial d’eccezione per la candidatura a Capitale europea della scienza 2020
Di Luca Saviano

La Trieste “città della scienza e della ricerca” può contare su moltissimi ambasciatori sparsi in giro per il mondo. Se nel 2020 toccherà al capoluogo giuliano diventare Capitale europea della Scienza, il merito sarà anche di persone come Maurizio Vretenar che, dopo essersi formate all’ombra di San Giusto, hanno messo il proprio sapere al servizio della comunità scientifica mondiale.

Nato a Trieste nel 1961, Vretenar si trova oggi a ricoprire un ruolo di grande prestigio al Cern di Ginevra, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Dopo aver conseguito nel 1979 la maturità classica al liceo Petrarca, si è laureato con il massimo dei voti alla facoltà di Fisica dell’ateneo giuliano, con una tesi sperimentale che è stata il frutto di un anno di permanenza proprio all’interno dell’autorevole realtà scientifica svizzera. La crescita professionale del cinquantaseienne triestino è stata rapida quasi come la corsa di una particella all’interno di un sincrotrone, tanto che a Vretenar, dopo numerosi incarichi di rilievo, sono state consegnate le chiavi di un progetto che vedrà ufficialmente la luce il prossimo 9 maggio e che troverà applicazione, fra gli altri, nei campi della medicina e più specificatamente nella cura delle patologie tumorali. Si tratta del Linac4, un acceleratore lineare che servirà a potenziare un acceleratore di particelle chiamato Lhc, una macchina unica al mondo che costituisce uno dei più grandi investimenti europei nella ricerca che sono stati fatti negli ultimi decenni.

«Il Linac è il “rubinetto” che produce le particelle - spiega lo scienziato triestino - e serve ad aumentare gradualmente la loro energia. Il Linac4, che manderà in pensione il Linac2 che è stato costruito nel 1978, ha una lunghezza e raggiunge un’energia tre volte superiore al suo predecessore». Vretenar, che è anche il coordinatore dei progetti europei di ricerca e sviluppo sugli acceleratori di particelle e coordinatore delle relazioni internazionali per il medesimo settore, ha animato un gruppo di esperti che ha elaborato il disegno del nuovo Linac fino a quando, nel 2007, il progetto è stato approvato dal Consiglio del Cern stesso. «Mi sono trovato a 46 anni a essere responsabile di un progetto da 100 milioni di franchi svizzeri - le sue parole - ovvero una cifra che si aggira attorno ai 93 milioni di euro, necessari per costruire una macchina molto complessa. Mi sono tirato su le maniche e ho girato il mondo per mettere in piedi delle collaborazioni internazionali con Russia, Polonia, India, Francia, Spagna e Italia, che mi hanno permesso di costruire parti importanti del nuovo acceleratore».

Vretenar ha dovuto gestire tutta la fase di progettazione e costruzione, nella quale gli schizzi di un fisico sulla lavagna diventano prima dei disegni tecnici e poi degli oggetti concreti. Il suo incarico l’ha portato inoltre a seguire appalti milionari per ottenere i componenti della nuova macchina. «Ho diretto un team internazionale formato da oltre cento persone appartenenti ai diversi servizi tecnici e scientifici del Cern e agli altri laboratori coinvolti - sottolinea il triestino - . Si è rivelata una magnifica avventura umana e professionale dalla quale ho imparato moltissimo. Il nostro lavoro, che è durato dieci anni, ha riaperto in Europa la strada ai Linac, visto che in Svezia stanno costruendo un acceleratore lineare per la produzione di neutroni».

Il legame con Trieste, per Vretenar, non è mai venuto meno. Di recente ha comprato un appartamento nel centro storico dove torna per rilassarsi con la famiglia appena gli è possibile. Sposato con una triestina, ha due figli con i quali esce spesso in barca a vela sul lago Lemano, «mantenendo fede alle radici marinaresche della mia città natale».

«Trovo che Trieste sia profondamente cambiata da quando l’ho lasciata trent’anni fa - spiega -. È diventata una città che ha saputo reinventarsi un’identità e un futuro, anche grazie al suo ruolo di città della scienza. Ho avuto l’impressione che una nuova generazione abbia deciso di investire sul suo avvenire, lasciandosi alle spalle il tradizionale “no se pol”». La corsa di Trieste a Capitale europea della Scienza 2020 sembra così essere la naturale conseguenza di una serie di investimenti che sono stati fatti negli ultimi decenni in questo territorio. «Trieste si è dotata di un’eccellente rete di infrastrutture scientifiche - rileva Vretenar - che vanta importanti agganci internazionali e che è sostenuta da un’università di ottimo livello, anche se la città paga la mancanza di un centro congressi degno di questo nome e il fatto di essere troppo isolata geograficamente. Raggiungere Trieste è da sempre un'avventura».

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