La street art fa litigare la giunta a Trieste

Rossi era pronto a mettere 35 siti a disposizione dei graffittari. Proposta bocciata: cassato il centro storico Brandi: «Troppe opzioni, era come lavarsi le mani». Roberti: «Luoghi dimezzati e limitati alle periferie»

TRIESTE Dall’amministrazione che aveva dichiarato una guerra senza quartiere ai writer a quella che promuove la street art diffusa. La “metamorfosi” artistica della terza giunta Dipiazza si è consumata. Tanto da rischiare persino una spaccatura in giunta sui murales. È quello che è successo lunedì scorso quando l’assessore alla Cultura e ai Giovani Giorgio Rossi, diventato un fan della street art dopo la mostra di Eron al Salone degli Incanti e le esperienze di “Arte urbana” al Pedocin e allo Stadio Rocco, ha presentato una delibera con la mappa di circa 35 siti possibili, alcuni anche in pieno centro cittadino.

Trieste, la pace di Eron "illumina" il Salone degli Incanti

Più che una mappa un’invasione di graffiti che ha allarmato una parte della giunta di centrodestra. Tanto da portare al rinvio a oggi della delibera con la giustificazione di un supplemento di indagine, o meglio un approfondimento della questione grafittari.



A sollevare i dubbi per prima è stata l’assessore all’Educazione Angela Brandi che si era vista la sede del suo assessorato, l’ex istituto Carli, situata di fronte alle vestigia del Teatro romano, dato in “pasto” ai writer. E così pure diversi muri di Cavana e Città Vecchia con Casa Francol in prima linea. Non si salvava neppure il Mercato coperto di via Carducci destinato alla street art nonostante il vincolo esistente della Soprintendenza. «Putroppo non si possono toccare i muri» ha precisato l’assessore al Commercio Lorenzo Giorgi, assente dalla giunta (impegnato con i commercianti nel braccio di ferro sui mercatini) ma informato dei fatti.



Lo stesso sindaco Roberto Dipiazza, informato della delibera che liberalizza la street art, ha convinto l’assessore “braccio destro” Rossi a ridimensionare il piano. «Erano solo delle proposte arrivate in parte dalle associazioni e in parte dalle circoscrizioni. Stiamo parlando di artisti che fanno di tutto e di più in giro per l’Italia. Alcuni pure di fama internazionale. Ho recepito le critiche dei colleghi di giunta e nella nuova delibera saranno esclusi i murales nel centro di Trieste. Saranno privilegiate le periferie come Borgo San Sergio e Opicina che vanno riqualificate. Il centro storico è meno degradato», spiega Rossi buttando acqua sul fuoco alle polemiche.



Le attenzioni verso i nuovi street artists saranno quindi “decentrate”. «Il PalaChiarbola, i muri del Grezar, per esempio, sono alcune delle nuove proposte», aggiunge Rossi che intende rassicurare i colleghi di giunta e pure il sindaco. «I murales vengono selezionati. Non è che uno va là e pittura. Nessuno fa quello che vuole. C’è un bozzetto prima e serve l’autorizzazione paesaggista, oltre il parere della Soprintendenza».

E i colleghi di giunta? «Non ero l’unica ad avere delle perplessità sulla delibera. Il rinvio della delibera è stato chiesto dalla maggioranza», spiega Brandi che ha salvato così il suo assessorato di via del Teatro romano dai murales. «La giunta ha il dovere di amministrare la città. Mettere in piazza 35 siti significa non operare alcuna scelta. Significa lavarsene le mani. Non possiamo lasciare alla Soprintendenza l’onere della scelta. Nessuna contrarietà sull’oggetto della street art. Il progetto è da me condiviso. Nel 2004 sono stata un’antesignana a Trieste con il progetto Legalart. È un modo interessante per la creatività dei ragazzi e per instradarli verso un’arte legale invece di quella che imbratta i nostri muri ed edifici. Artisti, invece che vandali. Però i siti devono essere scelti con cura. Allo stadio Rocco e al Pedocin è stato fatto un bel lavoro. Ma c’è contesto e contesto. Non possiamo mettere di fronte al Teatro romano dei disegni che non c’entrano nulla con quel passato. Si rischia l’effetto pugno nell’occhio», spiega Brandi.

Allo stadio Rocco di Trieste il murales dedicato al Paron

A fare da paciere è il vicesindaco Pierpaolo Roberti, nel pieno della campagna elettorale per le regionali: «Non è successo niente. Abbiamo deciso di rivedere i siti della delibera in modo da tirarne fuori una quindicina invece dei 35 indicati. Una selezione che privilegi le periferie. E chiaro che se tu indichi un edificio o un muro in centro, piuttosto che in periferia, tutti gli artisti preferiscano quello che offre maggiore visibilità. Tra il muro del Grezar di via Flavia e il Mercato coperto di via Carducci non c’è partita».

E quindi? «Nessuna obiezione sul progetto Chromopolis che è nato su iniziativa di questa giunta. Vogliamo solo restringere la scelta», conclude Roberti. La battaglia contro gli “scarabocchi” (per i quali la multa è stata elevata dalla giunta a 10 mila euro) passa dalla street art. Ma non per il centro.

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