La strategia di Lubiana per i Balcani nell’Ue: un ingresso a due fasi come l’Austria nel ’94
LUBIANA I Balcani occidentali stanno diventando una questione sempre più difficile e molto “pesante” durante i tavoli di confronto dei Ventisette. Se in un primo momento si credeva che l’Unione europea dovesse quasi fare a pugni per mettere in fila i Paesi di quella regione che volevano a tutti i costi entrare nell’Ue, con il passare del tempo e con lo zampino della Russia in Serbia, della Cina in Montenegro e in Bosnia-Erzegovina, degli Stati Uniti in Kosovo ecco che la prospettiva è di 360°. Adesso è Bruxelles a sperare che quegli Stati entrino nell’Ue per stabilizzare l’intera area, storicamente difficile, instabile, insomma “ballerina” per usare un eufemismo.
E quella che è oramai diventata “la questione” dei Balcani occidentali sarà ovviamente uno dei piatti forti del menù geopolitico che la presidenza della Slovenia dell’Ue dovrà affrontare a partire dal prossimo 1° giugno. Il ministero degli Esteri di Lubiana sta già lavorando ovviamente al suo semestre europeo e per quanto riguarda i Balcani sta mettendo a punto se non una “ricetta” per lo meno una visione di “realpolitik” che potrebbe portare alla quadratura del cerchio, senza mai dimenticare la basilare questione Serbia-Kosovo che la Slovenia da sola ovviamente non può risolvere.
E, come al solito, per proporre qualcosa di concretamente produttivo basta, a volte, guadare al passato, anche non tanto lontano. Come viene indirettamente confermato anche dalle dichiarazione dell’influente direttore dell'Esi (Berlin Thought European Stability Initiative), Gerald Knaus (si dice sia stato lui l’ideatore dell’accordo Ue-Turchia sui migranti) al quotidiano Delo di Lubiana, palazzo Mladika (la sede del ministero degli Esteri sloveno nella capitale) starebbe elaborando un progetto basato su quanto avvenuto nel 1994 con l’allargamento dell’Unione europea ad Austria, Finlandia e Svezia. E proprio come Austria, Finlandia e Svezia sono entrate a far parte dello Spazio economico europeo per la prima volta in risposta ai dubbi di Parigi sull'allargamento nel 1994 - dubbi ben presenti anche oggi per l’allargamento ai Balcani occidentali - e poi hanno aderito all'Ue un anno dopo, i Paesi balcanici dovrebbero, secondo la proposta, integrarsi prima nel mercato interno dell'Unione e le sue quattro libertà (circolazione di merci, persone, servizi e capitali).
La svolta, in questo scenario, sarebbe che la Serbia di fronte a tali prospettive si reriorentasse verso l’Unione europea pronta a entrare nel mercato unico a riforme avvenute. L'offerta di ampliamento del mercato unico verrebbe estesa a tutti i Paesi dei Balcani occidentali, e infine si creerebbe un quadro istituzionale come quello norvegese, in cui verranno adottate le regole del mercato comunitario. La questione chiave sarebbe lo Stato di diritto, che dovrebbe essere impegnativo come nei negoziati di adesione. Adesione che avverrebbe in una seconda fase (Austria, Finlandia e Svezia entrarono nell’Ue nel 1995) insomma quasi “à la carte” per dirla come Macron. Knaus considera il lavoro sulla liberalizzazione dei visti per i Balcani un grande risultato della diplomazia slovena durante la sua prima presidenza nel 2008 e vede la partecipazione confermata del presidente francese Emmanuel Macron al vertice di Brdo-Brioni di quest'anno come un'opportunità per un nuovo impulso. —
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