La strana morte dello chef Nino di "Astarea", la famiglia accusa la sanità locale

BUIE. Un’ispezione sanitaria disposta da Zagabria sta indagando per far piena luce sulla morte del noto ristoratore Anton Nino Kernjus, 71 anni, di Verteneglio, risultato postivo al test del Covid 19 e come tale indicato come prima vittima del coronavirus in Croazia. Il decesso però, che ha avuto un forte impatto sull’opinione pubblica istriana, presenta numerosi lati oscuri che il ministro della Sanità Vili Beros vuole chiarire in quanto sono sorte numerose illazioni e anche pesanti accuse di malasanità.
La ricostruzione degli ultimi giorni e ore di vita di Sior Nino - cosi lo chiamavano tutti - fornita dal dottor Aleksandar Stojanović, direttore dell’Istituto regionale di Sanità pubblica, è diametralmente opposta a quella dei familiari. Parlando alla conferenza stampa del Comando regionale della Protezione civile di mercoledì scorso, la mattina dopo il decesso, Stojanović aveva dichiarato che la vittima, un anziano, era a regime di isolamento domiciliare per il sospetto che fosse contagiato e che aveva rifiutato di venir ricoverato all’ospedale di Pola. A questa versione dei fatti il figlio del ristoratore, Emil e la nuora Ketty Visintin hanno subito reagito raccontando la loro verità a diversi media.
«Nino era sì anziano, ma sano e in gran forma fino a pochi giorni fa. Aveva iniziato a sentirsi male lunedì mattina - raccontano - con la febbre a 38. Su suggerimento del medico di famiglia abbiamo chiamato l’epidemiologo di turno a Umago il quale ci ha suggerito di attendere un giorno per vedere gli sviluppi. E il giorno dopo, martedì Nino continuava a stare male per cui abbiamo chiamato nuovamente l’epidemiologo di Umago. Ci ha risposto che a questo punto il paziente avrebbe dovuto esser trasferito all’ospedale di Pola per fare il tampone, aggiungendo che l’autoambulanza sarebbe venuta già in mattinata verso le 10. Abbiamo atteso fiduciosi ma invano: verso mezzogiorno ci hanno chiamato dicendo che l’autoambulanza non era disponibile ma che sarebbe venuto il medico di Umago per fare il tampone. Poi verso le 14.30 è arrivata un’altra telefonata per comunicarci che causa la mancanza di tempo il tutto veniva rimandato al giorno dopo».
«Durante la notte - spiegano ancora il figlio e la nuora - le condizioni del paziente sono peggiorate notevolmente, tanto che respirava con grande difficoltà. Abbiamo subito chiamato il pronto soccorso di Umago esprimendo i nostri timori del contagio di coronavirus, che avevamo sin dall’inizio. E l’autoambulanza ha impiegato un’ora per arrivare a Verteneglio, un tragitto per il quale normalmente bastano 15 minuti. All’arrivo dei sanitari Nino già vaneggiava, era in fin di vita e i tentativi di rianimazione sono stati inutili».
La moglie Alma afferma che Nino non era in isolamento domiciliare in quanto non sapeva di essere contagiato. Ma dove avrebbe contratto il virus? La spiegazione arriva dalle parole della moglie. «Il venerdì precedente - spiega la donna - l’epidemiologo di Umago aveva chiamato Nino per dirgli che il 7 marzo nella sua trattoria avevano mangiato tre cittadini italiani, di cui qualcuno contagiato. E non capisco perché il medico non sia intervenuto praticando immediatamente il tampone a mio marito, sapendo il rischio che correva».
Un racconto dunque, quello dei familiari, con diversi punti da decifrare. E c’è attesa per l’autopsia della salma che fornirà la risposta all’inquietante interrogativo su una possibile patologia pregressa. Intanto all’indirizzo della famiglia continuano ad arrivare messaggi di condoglianze, non solo da tutta la Croazia, ma anche dall’Italia, Slovenia e persino dalla Bosnia-Erzegovina. Sior Nino infatti era da decenni sull’Olimpo della gastronomia istriana, la sua trattoria “Astarea” ai lati della strada che porta a Buie, era un punto di riferimento anche per tanti buongustai triestini. I suoi piatti di pesce e l’agnello sotto la campana erano un’autentica gioia per il palato.
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