La strage di Vergarolla approda sugli schermi della Tv croata

IL CASO
Valmer Cusma
Per la prima volta la Televisione pubblica croata ha trasmesso un documentario sulla strage di Vergarolla: il 18 agosto 1946, nell’esplosione di 9 tonnellate di residui bellic, sull'omonima spiaggia affollata in un giorno d’estate morirono oltre cento polesani (e oltre 200 i feriti). Passati pochi mesi, dopo la firma del Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, la maggior parte dei cittadini scelse l’esodo soprattutto verso l’Italia: si ridusse al lumicino la componente italiana in città. Dopo la prima assoluta al Festival del cinema di Pola, il documentario realizzato dal regista bosniaco Arsen Oremović, “Mine na plazi – Vergarola” (Mine in spiaggia – Vergarolla) è stato trasmesso in prima serata sul primo programma Htv, la tv pubblica.
Sotto il regime jugoslavo era praticamente proibito menzionare la vicenda, cosa che negli anni ha accreditato la tesi che la strage costituisse un atto di intimidazione di Tito verso gli italiani che allora erano la maggioranza, ma la cui presenza a Pola non era evidentemente gradita. Oremović ha intervistato una sessantina di persone: tra esse i testimoni Livio Dorigo, Lino Vivoda, Claudio Bronzin, Giulio Ladavaz, Vera Plastic e Aldo Skira. E poi gli storici Darko Dukovski, Tea Conc, Federico Tenca Montini, l’architetto e appassionato di storia locale Anton Percan e Raul Marsetić, direttore del Centro Ricerche Storiche di Rovigno. Un racconto a più voci, riprese sul luogo, immagini d’epoca e inserti di fiction. La vicenda più toccante quella del medico triestino Geppino Micheletti, che saputo della morte dei suoi due figli continuò a curare i feriti.
Il regista non indica una precisa causa della deflagrazione, riporta più voci: dalla tesi terroristica di matrice jugoslava, decisamente la più accreditata, all’atto di un italiano «che quando si sapeva che Pola sarebbe appartenuta alla Jugoslavia volle sottolineare l’insostenibilità di quell’idea», senza escludere nemmeno «disattenzione di qualcuno o una serie di circostanze infauste»: la tesi fu sostenuta da antifascisti istriani vicini al regime jugoslavo, che solo molto dopo hanno iniziato a partecipare alle cerimonie commemorative. Il documentario non addita nessuno, ma porta all’attenzione una tragica pagina di storia.
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