La storia dell’informatica nei 300 tesori di Corrado

TRIESTE Nella collezione di Corrado Bonfanti c’è la storia degli strumenti di calcolo dal 1600 e l’evoluzione moderna dei computer, con strumenti e modelli che hanno fatto epoca. Oltre 300 pezzi, che in parte sono ospitati dall’Istituto tecnico Volta nella mostra permanente denominata “PSIC - Percorsi Storici dell’Informatica e del Calcolo”, allestita in un’ampia sala e in un corridoio vicino.
Si possono ammirare, tra i tanti, i primi Mac, alcuni giochi elettronici pionieristici e strumenti di ogni tipo, a partire dai pallottolieri, che arrivano da tutto il mondo. Corrado mantiene in vita l’esposizione e si occupa anche delle visite guidate per gli studenti della stessa scuola, ma anche di altri istituti e università, in un viaggio alla scoperta della storia di strumenti che fanno ormai parte della vita quotidiana.
«La mia passione – racconta – è iniziata in modo casuale. Sono laureato in fisica ma mi sono sempre occupato d’informatica e a un certo punto mi sono chiesto che cosa ci fosse prima della tecnologia che utilizziamo al giorno d’oggi; e prima del prima? Un regresso senza fine. Ho cominciato così a raccogliere cimeli del passato. Molti li ho salvati dalla rottamazione: sarebbero stati semplicemente buttati via. Li ho recuperati, sistemati e conservati. Ho acquistato oggetti anche da Internet, alcuni li ho scovati nelle aste, altri ancora sono regali di persone sensibili e generose che apprezzano la mia collezione».
E parlando del suo regno dell’informatica e del calcolo, Corrado scorre con lo sguardo ogni singolo pezzo, di cui conosce le origini e le funzionalità in ogni dettaglio. «I giovani restano a bocca aperta quando ascoltano le varie descrizioni e la mostra al Volta permette loro anche di maneggiare questi strumenti, di giocarci. Per i “meno giovani” invece, che non di rado vengono anch’essi in visita, è sempre una sorta di amarcord nostalgica, un’esperienza che lascia il segno».
Corrado sull’argomento ha scritto anche tanti articoli ed è stato docente in diverse università, sempre con corsi sulla storia dell’informatica e della tecnologia. Ha curato incontri e approfondimenti ed è stato chiamato a intervenire in conferenze in tutta Italia. La sua collezione è curata con estrema attenzione, tutto è catalogato con precisione, con tanto di didascalie sotto gli oggetti esposti. Qualche curiosità? «Molto speciale è un computer da tavolo Olivetti Programma101 del 1965, una gloria italiana molto ricercata dai collezionisti: in un mondo allora dominato dagli enormi, dispendiosi e inaccessibili computer “mainframe”, la potenza di calcolo diventava “amichevole” e alla portata di tutti. Poi c’è la calcolatrice meccanica più piccola al mondo: la Curta, fabbricata in Lichtenstein nel 1950, coi meccanismi lavorati al millesimo di millimetro. È dei primi del ’900, invece, un regolo calcolatore logaritmico in forma di orologio da tasca, con le scale numeriche impresse su entrambe le facce e con tanto di libretto di istruzioni originale. C’è poi il Commodore 64, che sicuramente tanti ricordano: è stato il primo che io stesso ho usato a casa e dove mio figlio si divertiva con i giochi di simulazione di auto e aerei, che ebbe un grande successo negli anni ’80; la configurazione esposta al pubblico comprende anche la stampante ad aghi, il driver per cassette di nastro magnetico, il driver per floppy disk, due joystick per videogiochi e un apparecchio TVcolor adattato a monitor».
«Citerei anche un “pc” che considero, in assoluto, il più vecchio tra i calcolatori analogici: è uno strumento di calcolo del 1600, un “compasso geometrico e militare”, derivato da un’invenzione di Galileo Galilei, perché comunque tutti gli strumenti di calcolo possono essere considerati antenati degli attuali computer». Gli oggetti ai quali Corrado è più affezionato sono una serie di scatole di strumenti portatili per calcolo e disegno, datate Finesettecento: «Servivano a ingegneri e a ufficiali di artiglieria e di marina che si spostavano continuamente. Sono pezzi di autentico antiquariato, affascinanti anche per la loro estetica». Tra le particolarità più “ingombranti”, un computer che occupa parte di un corridoio del Volta e che era di proprietà dell’Insiel. «Era stato dismesso e così l’ho recuperato. È un Pdp 11/44, commercializzato in Italia dall’Olivetti negli anni ’80, sul quale “girava” il software Ascot, sviluppato dalla stessa Insiel. Desta molto stupore tra i ragazzi che lo vedono: date le dimensioni, fa ridere pensare che all’epoca era stato definito “mini computer”».
Scorrendo lungo tavoli e bacheche ecco un Altair 8800, «considerato dagli americani il capostipite degli “hobby e home computer”, prodotto nel 1975 – si legge nella descrizione –; veniva venduto anche in kit da assemblare, a prezzo scontato». E ancora un ZX Spectrum dell’industria inglese Sinclair del 1982, «uno dei computer più apprezzati dagli hobbisti dell’epoca, collegabile a un gran numero di periferiche». La collezione comprende anche memorie a nuclei magnetici, parti di computer a valvole termoioniche, dischi fissi di diverse dimensioni, tutti i floppy disk, dall’origine del supporto – con diametro di otto pollici – fino all’ultima versione. E poi, anzi prima, la storia dell’abaco: ce n’è uno in bronzo adattato a piccolo fermacarte, un altro acquistato dal Giappone, un altro ancora dalla Russia e uno, comprato a Parigi, che proviene dall’ex Indocina francese.
Tra le chicche, incorniciata in un quadro, c’è una tavola pitagorica stampata a Udine durante l’occupazione napoleonica e datata secondo il calendario della rivoluzione francese. Lungo l’elenco anche per le calcolatrici elettroniche da tasca, da polso e utilizzate come gadget. Ad attirare la curiosità dei ragazzi, che conoscono l’attuale successo del Mac e della Apple, anche quella che si può definire la preistoria dei pc. «L’Apple II – si legge nelle descrizioni – corredato da driver per floppy disk e di joystick, che è stato il primo successo commerciale dell’azienda; o il Macintosh Classic del 1984, famoso per il sistema operativo a interfacce grafiche e per il mouse, innovativo per l’epoca anche se dotato di un solo tasto».
Come detto, metà collezione è conservata al Volta e metà, assieme a una biblioteca storica molto ben fornita, è ancora a casa di Corrado, che non ha intenzione di fermarsi nella sua infinita raccolta e che vorrebbe trovare una soluzione per rendere la mostra fruibile non solo dagli studenti, ma da un pubblico più ampio di appassionati e non solo – magari turisti, perché no? – in una location speciale a Trieste «città della scienza».
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