La stella rossa sul Colle di San Giusto
Una stella rossa, emblema dell’ex Jugoslavia, collocata sulla fontana alla sommità della Scala dei Giganti. All’indomani delle celebrazioni del Primo maggio Trieste si è ritrovata a fare i conti con i simboli del regime di Tito. Non è una novità ma stavolta il manufatto spuntato dal nulla aveva tratti decisamente originali: la stella rossa, in legno compensato, era di proporzioni ragguardevoli e non passava inosservata vista la posizione scelta. Proprio sopra piazza Goldoni.
L’esposizione è durata poche ore. Giusto il tempo di scatenare la “controffensiva” di alcuni cittadini e di alcuni politici. Sul posto, oltre ai rappresentanti della Digos, sono infatti intervenuti sia Fabio Tuiach, l’ex campione italiano di pugilato dei pesi massimi ora candidato alle comunali con la Lega, sia il forzista Gabriele Cinquepalmi. I due hanno dato vita a un’inedita alleanza provvedendo alla rimozione della “stellona rossa”.
«Ho deciso immediatamente di voler togliere quella vergogna e, fortunatamente, non ero solo. Tante persone erano indignate e sono accorse subito» ha raccontato Tuiach. E ha aggiunto: «C’era anche Cinquepalmi con cui ho materialmente rimosso quella provocazione. La stella era piuttosto grossa e anche fatta bene se vogliamo. Ho pensato anzi di portarmela a casa, tingerla di giallo e usarla il prossimo Natale» ha ironizzato l’ex pugile.
Non ci sono state rivendicazioni. E nemmeno denunce. Critiche, quelle, non sono mancate. In prima fila Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italie e Roberto Dubs di Forza Italia. La Questura di Trieste ha circoscritto l’accaduto come una coda della manifestazione del Primo maggio e dei suoi tradizionali colori e simboli. La festa del lavoro, anche quest’anno, ha ospitato all’interno del corteo cittadino varie bandiere corredate dalle stelle rosse. Un giovane, nel corso della manifestazione, ha manifestato il suo dissenso nazionalista. Ma l’intervento delle forze dell’ordine ha placato sul nascere la schermaglia verbale durata pochi minuti e priva di ogni accenno di scontro fisico.
Il corteo del Primo maggio di quest’anno ha visto la presenza di poco più di un migliaio di partecipanti, numero inferiore rispetto a quello dello scorso anno. A influire almeno in parte è stato il meteo quasi autunnale, con una pioggia lieve ma insistente che ha accompagnato l’intero percorso, quello classico da Piazza San Giacomo a Piazza Garibaldi, da Piazza Barriera alle Rive, sino all’approdo in Piazza Unità dove i manifestanti armati di ombrelli, e ormai ridotti a poche centinaia, hanno assistito agli interventi sul palco degli esponenti sindacali.
Lavoro, produttività, pensioni e rilancio, ma non solo. Uno dei temi portanti della manifestazione del Primo maggio a Trieste, come altrove, è stato il forte ricordo di Giulio Regeni, il giovane ricercatore rapito in Egitto e trovato ucciso lo scorso 2 febbraio. Una vicenda rievocata nel corso della manifestazione non solo dallo striscione targato Amnesty International ma anche dall’appello lanciato dal palco di Piazza Unità dove, oltre al grido di dolore, si è sollecitato un concreto impegno rivolto alla ricerca della verità e della giustizia.
Non sono mancati nel corso della manifestazione riferimenti ai conflitti internazionali in corso. In particolare gli echi provenienti dal Barkur, zona del Kurdistan settentrionale all’interno del territorio turco, e quelli dal Rojava, area siriana ai confini con la Turchia, entrambi teatri della resistenza del popolo curdo.
Il cuore dell’evento, il lavoro, è stato al centro degli interventi sul palco dei rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. Il sindacalista Antonio Rodà ha sottolineato come Trieste, e il suo rilancio, non possono che passare attraverso la valorizzazione del Porto, il recupero e il riuso del Porto Vecchio e la tutela di realtà industriali come la Wärtsilä.
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