La sottile perfidia delle voci col suffisso in “oto”

C’è un bel po’ di perfidia nell’uso delle voci triestine con il suffisso “-oto” che ha una funzione ironica e spregiativa del tutto estranea alle corrispondenti parole dell’italiano letterario. Secondo il dizionario Tommaseo-Bellini del 1860, giovanotto e giovinotto sono – o erano allora – niente di più che accrescitivi del vocabolo giovane “per accennare a maggior vigore di forza e maggior robustezza di corpo”, tuttavia, non chi, a Trieste, si sente interpellare con un “la senti, giovinoto”, ha tutte le ragioni di considerarla una mancanza di riguardo. (Non parlarliamo poi del femminile “giovinota”, che è addirittura insultante)
Peggio che mai, “pupoloto”, ovvero, per il Doria, “fantoccio, chi cambia spesso opinione e atteggiamento, sciocco, generalmente inteso come sinonimo di ‘paiazo’ e quindi altamente offensivo”.
Sempre in “-oto” finiscono nel triestino quattro parole, tutte per qualche verso velenose: “alegroto, cioè in preda alla molesta euforia degli ubriachi; “buloto”: damerino, ma altresì persona dal fare pretenzioso e arrogante; “figuroto”: furbacchione, meno torvo del classico figuro, ma non troppo diverso dal mascalzone e “pupoloto”: generalmente inteso come sinoniomo altamente offensivo di “paiazo”.
Nonostante la desinenza in “-oto”, il nostrano “faloto” è invece una voce autonoma, alla quale il Kosovitz dà i significati di “malvivente, disutilaccio, panperduto e scampaforche”.
Qualcuno ha tentato di collegare questo strano appellativo con fallare, nel senso di prodotto fallato, difettoso: in definitiva uno scarto; altri hanno puntato sulla somiglianza tra faloto e l’inusuale espressione “falotico” della lingua letteraria, che equivale a stravagante, bizzarro e potrebbe riconnettersi al termine greco “kefalotikòs”, da “kefalé”, suggerendo il significato di “testa matta” o “matto in testa”.
Se si procede per somiglianze, non sembrerebbero da escludere le analogie con lo spagnolo “faroto”, farabutto; con l’inglese “fellow”, compagnone e con il francese “falot”, strambo, grottesco.
Il Tommaseo ha invece associa l’idea di falotico alla voce “falò”, considerando la facilità con cui le persone poco equilibrate a “pigliano fuoco”.
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