La Slovenia “scudo” dell’area Schengen nega il diritto di asilo

LUBIANA La Slovenia viola le norme di diritto internazionale rispedendo direttamente in Croazia i migranti richiedenti asilo. Dimostrando così di essere valida custode dei confini esterni di Schengen. I casi sarebbero un centinaio e sono stati documentati da Amnesty International Slovenija e dal Centro di diritto informativo (Pic). Del caso si stanno già occupando l’Unhcr e il Garante dei diritti umani di Lubiana. Tutti i respingimenti sarebbero avvenuti nella regione della Bela Krajina nel Sudest del Paese al confine con la Croazia.
Amnesty International Slovenija e Pic si sono recate a Velika Kalduša, in Bosnia-Erzegovina, dove sono stati raccolti i profughi respinti sul confine sloveno-croato, e hanno intervistato un centinaio di persone scattando anche molte fotografie per documentare quanto affermato dai migranti. Tutti hanno confermato di aver chiesto asilo in Slovenia, ma di essere stati immediatamente respinti oltre frontiera dalle forze di polizia. Polizia e ministro degli Interni della Slovenia negano però questo fatto, ma quanto accaduto sembra dimostrare proprio il contrario.
«A Velika Kladuša - spiega Jernej Turin di Amnesty al quotidiano Dnevnik - abbiamo sentito profughi provenienti da Siria, Algeria, Marocco, Iran, Iraq, Afghanistan, Pakistan ed Egitto. Conserviamo i loro nomi e cognomi e le fotografie di alcuni documenti rilasciati dalle autorità della Slovenia». «La maggior parte dei nostri interlocutori - prosegue Turin - è stata in Slovenia assieme a un gruppo di persone. Cinquantuno di essi ci hanno confermato di essere stati in Slovenia e di aver detto ai poliziotti o ai traduttori di voler chiedere asilo», ma sono stati respinti direttamente.
Tutti sono entrati in Slovenia provenienti dalla Bosnia-Erzegovina dopo aver attraversato la Croazia. Avevano pochi bagagli, scarpe distrutte ed erano fisicamente debilitati. Bisogna attraversare il fiume Kolpa per giungere in Slovenia e alcuni degli intervistati hanno raccontato di due persone che sono annegate proprio nel tentativo di attraversamento del fiume.
Giunti in Slovenia, molti di loro - stanchi e affamati - si sono presentati volontariamente a un posto di polizia chiedendo asilo: questo è avvenuto anche a 15-20 chilometri oramai nell’entroterra sloveno. In alcuni casi gli agenti di polizia hanno spiegato loro che li avrebbero condotti a un centro per i richiedenti asilo: ma in verità li hanno trasportati al confine con la Croazia e costretti a tornare indietro. In altri casi la loro richiesta di asilo è stata del tutto ignorata, oppure è stato loro risposto che «non c’è asilo».
Tutti sono stati riportati al confine sloveno-croato e consegnati nelle mani degli agenti croati. E qui inizia un altro calvario. Secondo le testimonianze raccolte, ritornati in Croazia, gli agenti in molti casi hanno distrutto i loro telefoni cellulari e li hanno derubati sottraendo loro i portafogli; alcuni sono stati anche picchiati, o hanno assistito al pestaggio di un altro migrante del gruppo. Molti hanno mostrato i segni dei pestaggi ai volontari di Amnesty International Slovenija.
Secondo Pic, la polizia slovena avrebbe anche respinto al confine un bambino senza accompagnatore giunto dalla Siria al quale invece, in base al diritto internazionale, la Slovenia doveva assicurare il diritto di asilo e far intervenire i servizi sociali. —
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