La Slovenia riapre le grandi industrie a ranghi incompleti. Operai in sicurezza
Rivisti i modelli di produzione per evitare il rischio di contagio Elan a pieno regime, Gorenje all’80%, resta chiusa Revoz
LUBIANA Pur essendo la maggioranza degli sloveni d’accordo con il lockdown deciso dal governo per fronteggiare la pandemia di coronavirus, ora però l’opinione pubblica si aspetta che nella sua riunione di oggi l’esecutivo preveda, come peraltro paventato dallo stesso premier Janez Janša nei giorni scorsi, un allentamento delle misure restrittive.
Tra l'altro proprio oggi riprenderanno la produzione alcune delle più grandi aziende in Slovenia. Le industrie che hanno interrotto la produzione a causa dell’epidemia di Covid-19 si uniranno a quelle, considerate d’interesse strategico, che non si sono mai fermate. Secondo Radio Slovenia, oltre la metà di tutti i dipendenti torneranno a lavorare alla Elan, che ha riorganizzato tempi e modi di produzione. Innanzitutto è stato diminuito il numero dei dipendenti che sarà presente in ciascun ambiente produttivo. È stata effettuata la disinfezione e la ventilazione dei locali e l'introduzione di dispositivi di protezione. L’arrivo dei dipendenti al lavoro è stato scaglionato in modo che non ci siano ammassamenti ai cancelli e sono state adeguate anche le modalità di distribuzione del pranzo alla mensa. Secondo il sindacalista Jean Zeba, circa l'80% dei dipendenti lavorerà oggi alla Gorenje (mobili ed elettrodomestici). A Revoz invece (produce modelli automobilistici per la Renault) è stato deciso che la produzione rimarrà ferma anche questa settimana.
Il governo prevede di eliminare gradualmente alcune attività e si presume che permetterà il riavvio delle attività ai gommisti, ai lavaggi auto, ai negozi di materiali da costruzione e a quelli di beni tecnici. A Pasqua, in Slovenia, sono stati effettuati 554 tamponi. Sette persone sono risultate positive. Due sono stati i morti e due pazienti sono stati dimessi dall'ospedale. Attualmente ci sono 34 persone in terapia intensiva.
Brutto risveglio a Pasqua per gli oltre mille agenti di polizia del Paese impegnati a controllare il rispetto delle norme anti pandemia emesse dal governo. Negli ultimi giorni le unità di polizia hanno ricevuto, infatti, in dotazione una maschera protettiva che non è conforme agli standard protettivi richiesti. Si tratta infatti di una maschera igienica destinata ai dipendenti delle industrie alimentari e commerciali. Le maschere non sono inoltre dotate dei certificati di permeabilità del materiale appropriati. Pertanto il sindacato degli agenti ha immediatamente chiesto la sostituzione del materiale inadeguato al ministro degli Interni Aleš Hojs , con maschere conformi alle raccomandazioni espresse dalla categoria e certificate per la prevenzione delle infezioni.
Il ministro ha risposto su Twitter e ha assicurato che avrebbe fornito alla polizia adeguati dispositivi di protezione qualora le maschere attuali si fossero rivelate inadeguate. Ha aggiunto che le maschere “incriminate” non provengono dagli appalti perfezionati dal governo (Janša) nei giorni scorsi, provengono invece dal materiale presente nei depositi della polizia e retaggio del precedente ministro degli Interni, quindi, ha precisato, innescando una polemica alquanto inutile di questi tempi, che se i poliziotti si trovavano in queste condizioni disagiate la colpa è tutta del precedente governo.
Ma non si è fermato qui. Ha ricordato come negli anni passati sempre gli agenti di polizia avevano con urgenza chiesto la dotazione dei giubbotti antiproiettile, salvo «dopo averli avuti - ha precisato Hojs - lamentarsi che erano troppo pesanti».
La sua popolarità tra gli uomini in divisa della Slovenia non deve essere molto elevata. —
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