La sfida di Tondo sul contratto dei 16mila: lo sciopero dirà chi ha ragione

Renzo Tondo non arretra: «Se c’è qualcuno che deve fare non uno, ma due passi indietro, francamente quello non sono io, bensì Cgil, Uil, Ugl e Cisal». E per il 2011 promette il federalismo fiscale
Il governatore Renzo Tondo
Il governatore Renzo Tondo
TRIESTE À la guerre comme à la guerre. I sindacati ”ribelli” scatenano una nuova offensiva in difesa degli aumenti contrattuali dei 16mila dipendenti di Regione, Province e Comuni? Renzo Tondo non arretra: «Se c’è qualcuno che deve fare non uno ma due passi indietro, quello non sono io, bensì Cgil, Uil, Ugl e Cisal». Semmai, avanza come un panzer: «Noi garantiamo sotto forma di acconto il 90% degli aumenti che ci chiedono e i sindacati ci fanno lo sciopero generale contro? Facciano, vedremo chi avrà ragione». E ancora: «Se lo sciopero avrà successo, potremmo anche bloccarci. Ma, se non l’avrà, andremo avanti. E magari faremo un referendum...».


LA CONFERENZA Il presidente della Regione mostra i muscoli, alzando ancor di più la posta di una ”guerra” che dura da quasi tre anni e vale 1,8 milioni di euro, durante la conferenza stampa di fine anno. E lo fa, ”scortato” dalla giunta quasi al gran completo, dopo aver tirato il bilancio di metà legislatura e anticipato le priorità dell’anno che verrà: la riforma delle autonomie locali e quella delle Università, la riorganizzazione della sanità e quella delle partecipate, nonché l’avanti tutta sulle infrastrutture. In cima alla lista, però, Tondo inserisce il federalismo fiscale. Quello che, con la fiscalità di vantaggio appena ”strappata” a Giulio Tremonti e i consigli del superconsulente Luca Antonini, deve innanzitutto portare aliquote Irap ridotte nelle aree più critiche del Friuli Venezia Giulia.


IL BILANCIO Prima di tutto, però, il presidente si sofferma sulle ”cose già fatte”. E, sfruttando la sala multimediale di piazza Unità dove gli schermi spuntano come funghi, manda in onda un filmato riassuntivo. Poi, illustra «le quattro direttrici strategiche» di due anni e mezzo di governo. La prima: mantenere la coesione sociale, rafforzando gli ammortizzatori e i servizi ai cittadini, a fronte di «una crisi senza precedenti». La seconda: prepararsi alla ripresa economica, costruendo infrastrutture e sostenendo la competitività delle imprese. La terza: garantire la solidità di bilancio, riducendo da 1,6 a 1,3 miliardi il debito. La quarta: riformare la pubblica amministrazione, «sburocratizzandola e rendendola più efficace ed efficiente».


LE PRIORITÀ Sin qui le ”cose fatte”. Non mancano, però, ”quelle da fare”: «Ma teniamo ben salda la barra della barca. E sappiamo dove andare» garantisce il presidente. Il federalismo fiscale, l’arma per valorizzare «l’autonomia nel segno della responsabilità», è l’approdo primario. Il più avvincente. E Tondo va di fretta: lo studio commissionato ad Antonini è finito. E la prima giunta del 2011 si dedicherà al suo esame: quello studio suggerisce come, e a quale prezzo, la Regione può sfruttare la fiscalità di vantaggio. Non è una partita facile: «Dovremo fare delle scelte perché la fiscalità di vantaggio sarà pagata dal sistema regionale. E perché già immagino che, da Pordenone alla Carnia, tutti ce la chiederanno. Ma le faremo, quelle scelte, con coraggio e responsabilità».


LA NEGOZIAZIONE Il presidente, nel frattempo, è prontissimo a riaprire la trattativa con il governo, discutendo non solo di nuove competenze, ma anche delle compartecipazioni sulla sanità. Non è ancora pronto, invece, a sciogliere il rebus dell’Azienda sanitaria unica: «Stiamo valutando. Poi prenderemo una decisione e, sicuramente, qualche insulto». Ma è pronto, eccome, a concedere più poteri alle Province: «Basta che presentino un progetto unitario».


IL COMPARTO UNICO Ed è ancor più pronto a combattere la ”guerra” del contrattone: «Non capisco Cgil, Uil, Ugl e Cisal. E non serve mettere in campo me, basta guardare a Mirafiori per capire che il nostro Paese forse è un po’ ingessato sulle relazioni industriali». Ma tant’è: i sindacati vogliono lo sciopero, e sciopero sia. La smettano, però, di dire «falsità»: «Non ho mai detto di voler mettere i dipendenti pubblici contro quelli privati. Non l’ho detto e non lo penso. Ho detto e ripeto che c’è il rischio di una frattura sociale tra chi è garantito e chi non lo è e che non è interesse di chi è garantito farsi percepire come ”casta”. Aggiungo che sono sicuro che i dipendenti pubblici, nella stragrande maggioranza, lo capiscono». Chissà. La prima risposta, di sicuro, non si fa attendere: «Accettiamo la sfida sul referendum» afferma, con Franco Belci, la Cgil. A due condizioni, però: «Si decida chi valuterà l’esito dello sciopero. E il presidente, in caso di nostra vittoria, si impegni ad aggiungere i quasi 2 milioni mancanti». À la guerre comme à la guerre.

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