«La Sertubi diventerà un magazzino di tubi fatti interamente in India»

A distanza di pochi chilometri due storie di crisi industriale. Diverse l’una dall’altra, ma sempre preoccupanti per l’impatto sociale su un territorio sensibile come quello triestino. Due storie...
Foto BRUNI TRieste 14.09.12 Operai Sertubi in presidio davanti all'Assoindustria
Foto BRUNI TRieste 14.09.12 Operai Sertubi in presidio davanti all'Assoindustria

A distanza di pochi chilometri due storie di crisi industriale. Diverse l’una dall’altra, ma sempre preoccupanti per l’impatto sociale su un territorio sensibile come quello triestino. Due storie accomunate da un dato: entrambe le realtà produttive sono in mano a multinazionali.

Così, se Fiom e Uilm bloccano via Flavia contro 65 esuberi di interinali, davanti ai cancelli di Sertubi la Cisl alza il volume per ribadire l’allarme su Sertubi e sui 70 dipendenti rimasti. Lo ha fatto davanti all’ingresso della fabbrica, come narra un comunicato della Cisl. «Lo stabilimento di via von Bruck sembra, essere destinato alla dismissione, condannato, nella migliore delle ipotesi, a diventare un semplice centro di smistamento dei tubi prodotti ormai quasi per intero in India», scrive la nota.

Il mostro da combattere, secondo Michele Pepe “rsu” della Fim Cisl, si chiama concorrenza: quella dei Paesi extra Ue, tutta giocata sui prezzi. E nel caso di Sertubi, la situazione è ancora più difficile da digerire perché il competitor più “spietato” è il produttore Elettrosteel, indiano come l’affittuaria di Sertubi, la Jindal Saw. «Il punto – spiega Pepe – è che i tubi cinesi, indiani, russi sono della nostra medesima qualità, soddisfano le regole europee, ma riescono a costare anche il 25% di meno».

E se negli altri Paesi sono scattati gli aiuti di Stato in favore delle aziende locali (è, ad esempio, il caso della francese Pam Saint Gobain), in Italia questo non accade. Alberto Monticco, in procinto di diventare il primo segretario regionale “plenipotenziario” della Cisl Fvg, e Umberto Salvaneschi, responsabile Fim Cisl, ritengono che la questione vada portata all’attenzione dei tavoli nazionali, gli unici che possono fare leva sulla proprietà. Di qui l’appello al governatore Debora Serracchiani, per impedire la desertificazione industriale di un territorio come quello di Trieste, già in pesante sofferenza.

«La nostra intenzione – aggiunge Pepe – è quella di arrivare fino ai vertici dell’Unione Europea, perché il problema sta a monte, e non riguarda solo Sertubi, ma tutte le imprese: dobbiamo batterci tutti assieme per ottenere che nei capitolati dei bandi di gara sia imposto che almeno il 25-30% dei prodotti sia di origine europea. «Solo se riusciremo a mantenere quel minimo di produzione nazionale e europeo – incalza Pepe – impediremo che i prezzi siano decisi dagli altri, cosa che già oggi di fatto sta accadendo, a vantaggio di un prodotto sempre più economico e di qualità appena accettabile».

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