La Serbia alle urne: trionfo annunciato per i conservatori capitanati da Vučić
BELGRADO Per il presidente della Serbia Aleksandar Vučic le elezioni politiche e locali di domani sono solamente un rito di passaggio. Il suo spropositato culto della personalità punta tutto al 2022, alle presidenziali, quando il voto rischia (se visto dagli occhi di un democratico) di trasformarsi nella solenne incoronazione di re Aleksandar I.
A vincere domani sarà il suo Partito progressista (Sns) che paradossalmente però sta diventando sempre meno importante. L’intera campagna elettorale è stata usata da Vučic per promuoversi come leader del popolo, senza promuovere però quel partito (Sns, conservatore) che lo ha aiutato a salire al potere. Ma si sa, in politica niente romanticismi.
E allora avanti così, con la lista che sulla scheda elettorale per le politiche si chiama “Aleksandar Vučic-per i nostri figli” e non menziona la Sns e lo stesso dicasi per le elezioni locali. Tutti i video promozionali del partito al potere presentano scatti del presidente con cittadini comuni che gli danno la loro fiducia senza riserve. In un video, un anziano gentiluomo afferma di «sapere che al presidente importa che le persone come lui vivano bene».In un'altro un minatore della miniera di carbone di Kolubara afferma che riuscirà a mantenere il suo lavoro perché «il presidente Vučic si prende cura di persone come lui» ecc. C’è poi la costante presenza in tutti i programmi della tv, controllata sia quella pubblica che quella pseudo privata, da lui ovviamente. E ancora lui, sempre lui che inaugura tronconi di autostrade neppure iniziati, un parco scientifico a Niš che per essere completato necessita ancora di 7,4 milioni di euro. E ancora le promesse che la pensione media in 5 anni passerà da 235 a 440 euro mensili e che lo stipendio medio dai 500 euro attuali salirà a 900 euro. La cosa più importante di tutte è l’affermazione di Vučic come sovrano assoluto e insostituibile della nazione, una sorta di leader infallibile che non può e non deve essere messo in dubbio.
E quanto sta facendo Vučic è già qualcosa che va contro la Costituzione della Serbia la quale vieta all’articolo 115 al capo dello Stato di esercitare qualsiasi altra funzione pubblica. Lui lo sa e sta già pensando di rimettersi in pari dimettendosi dalla presidenza della Sns per emarginare successivamente il partito che lo ha lanciato.
Lui, sempre lui è riuscito a frantumare l’opposizione che sembrava nelle manifestazioni di massa del sabato pomeriggio dello scorso autunno di aver ritrovato smalto, ma soprattutto unità e base popolare. Risultato? L’opposizione è priva di un piano politico e boicotterà le urne di domani. E così la Sns è accreditato dai sondaggi di percentuali intorno o anche superiori al 50%. Un'ultima rilevazione riferiva qualche giorno fa addirittura di un 58,2% di consensi per il partito del presidente. Il Partito socialista (Sps) del ministro degli Esteri Ivica Dačic è secondo, lontanissimo, al 12,5%. L'opposizione è divisa tra i radicali che boicottano il voto e piccole formazioni che partecipano alla consultazione, molte delle quali difficilmente raggiungeranno la soglia di sbarramento del 3%.Alle elezioni partecipano 21 liste di partiti, movimenti e formazioni, sia di governo che dell'opposizione moderata. I gruppi dell'opposizione radicale, riuniti nel cartello Alleanza per la Serbia hanno ribadito l'intenzione di boicottare il voto, sostenendo che nel Paese non ci sono le condizioni per elezioni corrette libere e democratiche. In un appello i leader dell'opposizione radicale - Dragan Djilas, Bosko Obradovic e Vuk Jeremic - hanno invitato i cittadini a non recarsi alle urne domani per non dare legittimità al «regime autoritario» e al «potere autocratico» del presidente Vučic.
Nella sua ascesa verso l’immortalità il presidente è quotidianamente aiutato dai media di regime che stanno diligentemente costruendo il culto del leader. Per rimanere al potere e vincere anche le presidenziali del 2020 Vučic non avrà più bisogno nemmeno del Partito progressista se non come attacchino di poster elettorali o scrutatore di voti. —
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