La scure dei tagli sulle sedi Rai regionali

Roma chiede risparmi per 150 milioni. A rischio l’autonomia della struttura del Friuli Venezia Giulia. Altolà di Serracchiani
Di Marco Ballico

TRIESTE. Le parole di Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, avevano fatto già capire che aria tirava. Il decreto legge 66 del 24 aprile ha confermato anche alla “periferia” della Rai che la scure è pronta. Il testo prevede infatti il taglio di 150 milioni al servizio pubblico e l’ipotesi che possa saltare qualche sede regionale, nessuna esclusa sulla carta. Tanto che Debora Serracchiani non esita a definire sin d’ora la difesa e la valorizzazione della Rai Fvg «una priorità».

C’era un paletto nella legge Gasparri, la 112 del 2004, all’articolo 17. Adesso non c’è più. Tra i compiti del servizio pubblico era infatti prevista pure «l’articolazione della società concessionaria in una o più sedi nazionali e in sedi in ciascuna regione, oltre che nelle Province autonome di Trento e Bolzano». Un passaggio che il decreto del governo Renzi sostituisce con un molto più generico «informazione pubblica a livello nazionale e regionale». In sostanza non ci sono più certezze sulla presenza di una sede Rai in ogni singola regione. «Si è aperta una porta pericolosa, quella dello smantellamento della presenza sul territorio – rileva Vittorio Di Trapani, segretario nazionale Usigrai –. In particolare, guardando al Fvg, c’è l’aspetto particolare del racconto delle minoranze linguistiche. Credo che solo la Rai servizio pubblico possa svolgere a fondo questo compito».

Non l’unico tema che scotta. A preoccupare il sindacato dei giornalisti Rai è anche il precedente «gravissimo di un governo che mette le mani nel bilancio dell’azienda di servizio pubblico televisivo». In Europa, una cosa del genere è capitata solo in Grecia. Tra l’altro, quei 150 milioni sono una cifra imponente, sottolinea il sindacato: vale tre volte i costi dell’intero comparto radiofonico, 100 volte il contratto di Fabio Fazio. «Con la Rai che dipende dalla fiscalità generale – spiega Di Trapani –, viene a cadere uno degli elementi fondamentali dei servizi pubblici radiotelevisivi: l’autonomia finanziaria dal potere esecutivo». Tutto questo mentre la Rai da tempo denuncia il peso dell’evasione sul fronte del canone (500 milioni all’anno) e con la prospettiva, che spunta sempre del decreto 66, di dover «svendere» sul mercato quote di società partecipate. In ballo c’è il “pacchetto”, al momento minoritario, di RaiWay, la partecipata che gestisce gli impianti di trasmissione, e l’obiettivo è proprio quello di recuperare i 150 milioni dirottati al finanziamento del decreto Irpef. Il timore di Usigrai è che «il prezzo di vendita delle torri, a due anni dal rinnovo della concessione e quindi senza alcuna certezza di sviluppo, finirà per farlo non la Rai ma l’acquirente. Come sindacato non intendiamo tutelare l’esistente – chiarisce peraltro Di Trapani –. La nostra volontà è al contrario di innovare e riformare il servizio pubblico radiotelevisivo, nella consapevolezza di una fase storica in cui le risorse vanno utilizzate in maniera oculata. Siamo anzi pronti a mettere sul tavolo del governo un’ autoriforma mirata a costruire una nuova Rai dell’informazione in un progetto crossmediale».

La prossima settimana, per fare il punto della situazione, Serracchiani incontrerà il comitato di redazione della Tgr Rai Fvg. «Anche attraverso l’informazione giornalistica pubblica e le produzioni radiotelevisive – afferma la presidente – si esprimono i principi della specialità, la tutela delle minoranze linguistiche, il ruolo internazionale della regione». Il taglio dei 150 milioni? «Non dovrebbe andare a intaccare le sedi locali, soprattutto quelle come la nostra, che non è una cattedrale nel deserto e anzi fornisce un servizio di qualità, seguito e apprezzato dai cittadini. Oltre a farlo in prima persona – conclude la governatrice – chiederò che tutti i nostri parlamentari si attivino e vigilino affinché il servizio radiotelevisivo regionale continui a essere da e per il territorio, evitando la tentazione di tagli o accorpamenti». «Spesso a Roma la Rai ha avuto la tentazione di chiudere le sedi periferiche e conservare il suo apparato elefantiaco – aggiunge Ettore Rosato –. Lavoriamo per fare esattamente l’opposto».

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