LA SCULTURA TRIESTINA DEL '900Al Revoltella un nuovo assetto che valorizza l'opera di Rovan

TRIESTE.
Teste affastellate su scaffali di legno grezzo, busti su trespoli come fossero appena scolpiti. Sembrerebbe di trovarsi nello studio di un artista, mentre è uno dei nuovi allestimenti del Museo Revoltella presentati dalla direttrice del Museo Maria Masau Dan e all'assessore alla Cultura Massimo Greco. “La scultura triestina del '900. Temi e confronti” e “Ruggero Rovan, l'atelier di uno scultore”, a poco tempo di distanza dalla riapertura dell'ala baronale, sono le collezioni nel loro nuovo assetto museale che vede, come ha spiegato, “la riorganizzazione completa del terzo piano del museo in due parti che colloquiano tra loro e vedono protagonista la scultura triestina del '900», potenziando il nucleo di scultura che già caratterizzava l’area e contemporaneamente “ammorbidendo” il percorso museale.
«Ci siamo resi conto – ha spiegato la direttrice Masau Dan - che i visitatori, percorrendo le sale più antiche del museo, risentivano di un impatto brusco con il Novecento e l'architettura di Scarpa. In questo senso volevamo far capire al visitatore cosa sta per vedere, contando che è anche un bel biglietto da visita».
L'esposizione offre per la prima volta la visione completa dell'eredità di Ruggero Rovan, artista sfortunato, scultore di grande talento morto nel '65 e di cui il Revoltella è depositario dell’intero l'archivio personale. Un allestimento teso a fotografare non solo la figura del singolo scultore ma le relazioni che intercorrevano tra gli artisti della stessa generazione, dando al visitatore un respiro più completo dell'ambiente artistico-culturale in cui erano immersi fra Trieste, Monaco e Roma. Emblematico ed efficace in questo senso appare l'accostamento del ritratto di Rovan firmato da Vittorio Bolaffio, pittore di cui Rovan fu grande amico, alla scultura a figura intera “Homo solus” dedicata viceversa da Rovan a Bolaffio.
Tra marmi e gessi delicati, tanto da aver richiesto un attento intervento di recupero, spicca anche una delle prime opere di Rovan datata 1896, il “Ritratto del pittore Arturo Fittke”, altro personaggio cui Rovan era legato da profonda amicizia. Un esercizio di ricostruzione senza pretese di fedeltà, nato piuttosto con l'intenzione di «alludere ai caratteri più originali di un atelier di un artista – continua la Masau Dan - conferendo un'ambientazione suggestiva grazie all'aria affastellata delle teste scolpite che guardano dagli scaffali, o all'uso di trespoli girevoli usati realmente dagli artisti». Un'operazione facilitata anche dal copioso materiale di studio fatto di preziose documentazioni cartacee, tra cui disegni, manoscritti, fotografie, una pagina del “Piccolo” datata 1° maggio 1910 sull'esposizione di Capodistria in cui erano presenti anche le opere di Rovan, o testimonianze sui suoi rapporti con letterati triestini tra cui Giani Stuparich e Italo Svevo.
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