La scienza al servizio della vela con il “foil” soffia il vento di Esof

I ricercatori della Sissa Andrea Mola e Nicola Giuliani spiegano come funziona



Il 2020 sarà l’anno di Esof, il festival europeo della scienza che Trieste ospiterà nel mese di luglio. Un evento che porterà in città il meglio della ricerca mondiale, un’occasione per il capoluogo giuliano di rafforzare il ruolo strategico verso i paesi dell’est. Uno degli obiettivi di Esof sarà quello di avvicinare le persone a quello che avviene nelle diverse realtà presenti sul territorio con una serie di incontri che accompagneranno l’evento in questi mesi che mancheranno al taglio del nastro.

La Barcolana rappresenta quindi un’occasione per capire come certi fenomeni incidano in maniera quasi invisibile nella nostra vita e in questo caso nella passione. Sono molte le similitudini tra barche e aerei e con l’arrivo dei “foil” il divario si è ulteriormente ridotto. Come funziona questa “nuova” vela lo spiegano Andrea Mola e Nicola Giuliani, ingegneri aerospaziali e ricercatori della Sissa: «Non c’è molta differenza tra una randa e un “foil”, cambiano però le forze che sono in gioco. Alla base di tutto c’è il principio di azione reazione: esattamente come un’ala il foil spinge verso il basso un fluido e ne ottiene una spinta verso l’alto uguale e contraria, questo è il terzo principio della dinamica conosciuta anche come la terza legge di Newton. Con il “foil” non fai altro che spingere l’acqua verso il basso per riuscire a sollevare lo scafo». Un meccanismo teoricamente semplice che richiede però di fare un passo indietro per essere ancora più chiaro, visto che quello che avviene su un “foil” è la stessa cosa che avviene sull’ala di un aereo o sulle vele delle barche.

«Il meccanismo – aggiungono Mola e Giuliani – chiaramente cambia nella vela in base alle diverse andature, in quelle portanti (poppa e lasco, ndr) il vento in sostanza “trascina” la barca, la vera sfida è sul traverso e sulla bolina ovvero l’andatura che ci consente di risalire il vento. Per capire il traverso provate a immaginare di ricevere una palla medica dalla vostra sinistra e di tirarla indietro, il vostro corpo riceverà una spinta in avanti e un po’verso destra, nel caso della barca la spinta verso destra viene compensata dall’azione della deriva. Anche l’aria viene deviata all’indietro dalla vela quindi è fondamentale che la balumina (la parte verso poppa delle vele, ndr) sia parallela all’asse prua e poppa». Il perché questo fenomeno avviene ce lo motiva il teorema di Bernoulli che consente di spiegare il fenomeno della portanza. Il fisico svizzero attraverso le sue ricerche ha dimostrato che, per un fluido, una maggiore velocità corrisponde a una minore pressione e viceversa, «immaginando l’ala di un aereo – proseguono Mola e Giuliani – la parte sotto è quella più dritta, quella sopra è più convessa e questo obbliga l’aria ad accelerare per aggirare l’ostacolo generando la depressione che risucchia verso l’alto. Pur semplificando questo spiega il profilo della vela e il fatto che nelle ultime due edizioni della Coppa America è stata sostituta da un’ala vera e propria. Per capire il meccanismo in maniera semplice basta prendere un cucchiaino e avvicinare il lato esterno curvo verso l’acqua che scorre da un rubinetto aperto. Verrà automaticamente risucchiato verso il getto dell’acqua». Una vela è però enorme mentre i “foil” solitamente sono molto più piccoli eppure riescono ad alzare barche di dimensioni e pesi importanti. Anche in questo caso il “perché” lo spiega la scienza: «Un metro cubo d’acqua pesa indicativamente mille chilogrammi – spiegano Mola e Giuliani – un metro cubo d’aria pesa invece poco più di un chilogrammo. La forza che viene generata dalla portanza è proporzionale alla densità del fluido spinto verso il basso e l’acqua è 816 volte più densa dell’aria alla pressione atmosferica, dunque basterà un profilo ottocento volte più piccolo per ottenere lo stesso effetto. Il gioco del progettista è quello di controllare ed equilibrare tutte queste forze in gioco, infatti il “foil” non dovrà mai uscire dall’acqua altrimenti perderebbe tutta la portanza con risultati che potrebbero essere anche catastrofici». Sul perché ci sia la necessità di far volare le barche il motivo è semplice: «Un corpo che sta in un fluido ed avanza fa resistenza – spiegano i ricercatori della Sissa – perché mette in movimento un fluido con diversi meccanismi e (vedi servizio vicino, ndr). Chiaramente se lo scafo è immerso in aria, 816 volte meno densa dell’acqua c’è molto da guadagnare». –



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