La scatola dei segreti della nipote di Sissi

Pesava come il piombo, quella scatola. E scottava come se fosse stata a contatto con la brace incandescente. Dentro, nel cofanetto d’acciaio che Rodolfo d’Asburgo consegnò in gran segreto alla cugina Maria Larisch, probabilmente c’erano carte che avrebbero gettato una sinistra luce sul principe ereditario. Se fossero arrivate tra le mani di Franz Joseph e dei suoi più fidati consiglieri. Forse, documentavano il complotto massonico per liberare l’Ungheria, renderla un regno indipendente e portare sul trono proprio il figlio donnaiolo e ribelle dell’imperatore austroungarico e della splendida principessa Sissi.
Di quella scatola si sono perse da tempo le tracce. E l’unica persona che, infrangendo una promessa solenne, avrebbe potuto aprirla, controllando il contenuto, preferì tenere a freno la sua curiosità. Solo qualche tempo dopo, Maria Larisch avrebbe collegato il pesante segreto contenuto nel cofanetto d’acciaio con la tragedia di Mayerling. Che portò a una morte violenta il principe Rodolfo e la giovanissima, ingenua baronessa Maria Vetsera. Chi fu ammesso a vedere i corpi straziati dei due amanti, nella casa di caccia a Mayerling in Bassa Austria, dopo la notte del 30 gennaio 1889, raccontò di scenari da film horror.
Adesso, la storia della scatola riaffiora in un libro pieno di informazioni, pettegolezzi, retroscena sulla storia degli Asburgo. Una sorta di autobiografia che Maria Larisch, nata von Wallersee, scrisse e pubblicò prima a Londra, e poi a Berlino, nel 1913. Per rintuzzare le sempre più insistenti maldicenze che circolavano su di lei, accusata di essere stata un compiacente trait d’union tra Rodolfo e Mary Vetsera. “Il mio passato”, tradotto da Alessandra Piccinini, esce per la casa editrice Mgs Press (pagg. 255, euro 20,50). In un’edizione curata da Cinzia Benussi con l’introduzione di Gabriella Ziani.
Non si può dire che si amassero, Maria Larisch e Rodolfo. Anzi, il principe cugino era convinto che lei fosse stata una sorta di signorina signorsì sempre agli ordini dell’imperatrice Elisabetta. L’amata zia Sissi, di cui era nipote prediletta, che frequentò per un lunghissimo periodo: dal 1873 al 1888. E da cui fu scaricata, senza nemmeno potersi discolpare, subito dopo la tragedia di Mayerling. Anzi, Rodolfo non esitava a definirla «la mezzana di mia madre», convinto che le avesse tenuto bordone tutte le volte che l’inquieta principessa si era lasciata trascinare dalle sue fantasticherie.
E’ vero che Maria Larisch scrisse “Il mio passato” soprattutto per discolparsi. Calandosi nei panni dell’ingenua, che si era fatta manipolare dal cugino Rodolfo. Che aveva tentato di tenere la giovanissima Mary Vetsera lontano dal fuoco, da quel lupo famelico che era il principe ereditario quando si metteva in caccia di una donna. Ed è anche vero che la vita le ha riservato soprattutto delusioni, fino a portarla a morire nel convento di San Servazio a Maastricht, in Olanda, nel 1940. Quando ormai era completamente in miseria. Ma il suo racconto si rivela soprattutto una miniera di rivelazioni sulla corte degli Asburgo, pazzia ereditaria compresa, vista da dietro le quinte. A partire dal rit. ratto impietoso di zia Sissi: una donna incapace di amare. Delusa dai rituali di corte, dalla presenza soffocante della suocera, dalla sintonia perduta troppo in fretta con l’amato Franz Joseph.
Elisabetta d’Austria, ritratta senza livore da Maria Larisch, era una donna innamorata prima di tutto della sua bellezza. Che considerava i figli, le gravidanze, come una scorciatoia verso la decadenza fisica. E che non esitò a far sposare l’amata nipote Maria con l’iracondo e tristanzuolo conte Giorgio, infischiandosene del fatto che la ragazza sarebbe andata incontro all’infelicità. Niente di strano, visto che Rodolfo aveva sposato quella che la stessa Sissi definiva «il cammello». Ovvero, la scialba Stefania del Belgio. Tradita a ripetizione.
Ma che fine fece la scatola di Rodolfo? Maria Larisch racconta che a contattarla fu un misterioso amico di Rodolfo. Che, in realtà, era l’arciduca Giovanni di Toscana. Si portò via il cofanetto e il mistero. Il 26 marzo del 1890 sparì in mare, insieme alla moglie, al largo di Buenos Aires. Un anno dopo la tragedia di Mayerling.
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