La Saipem vuole un altro spazio per collaudare droni subacquei a Trieste

Chiesta un’area da 67 metri quadrati posta sul fondo del mare in Porto Vecchio. I robot servono a ispezioni sottomarine e all’arresto di perdite da pozzi petroliferi
Massimo Greco
Uno dei droni prodotti dalla Saipem e sperimentato nella base triestina al magazzino 23 di Porto Vecchio
Uno dei droni prodotti dalla Saipem e sperimentato nella base triestina al magazzino 23 di Porto Vecchio

TRIESTE Avanti con i droni. In questo caso subacquei. Saipem – il grande gruppo specializzato nella progettazione e nella produzione di infrastrutture legate ai settori energetici – ha chiesto all’Autorità portuale la concessione di un’area di 67 metri quadrati sul fondo marino, vicino all’Adria terminal in Porto vecchio. E vicino soprattutto alla base che Sonsub, centro di eccellenza Saipem per le tecnologie sottomarine, gestisce da anni all’interno del magazzino 23.

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La richiesta

La motivazione della richiesta sembra piuttosto semplice: posizionare un impianto tecnologico per la sperimentazione di nuove tecnologie subacquee, con una variazione della licenza attuale. La pratica era “affissa”, con la firma del commissario Vittorio Alberto Torbianelli, al sito dell’albo pretorio comunale, come prassi in questi casi. La pubblicazione consente di scrivere le proprie osservazioni a coloro che hanno interesse alla tutela di eventuali diritti, osservazioni da inoltrare all’Autorità. La domanda resterà a disposizione del pubblico fino al 21 agosto: poi, se non vi saranno obiezioni e contrarietà, la procedura proseguirà fino al “verdetto” dell’amministrazione portuale.

la tecnologia
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La vocazione al collaudo

Il quartier generale milanese della Saipem conferma, con molta discrezione, la vocazione al collaudo della base triestina, che si estende per quasi 28 mila metri quadrati all’esterno, mentre l’hangar del “23” ha una superficie di 2.700 metri quadrati. Le due banchine evidenziano una lunghezza di 230 e 150 metri cadauna, con una profondità di 12,5 e 8,5 metri. È stazione di comando e controllo “remoto” dei veicoli (vedi i droni), è dotata di di due simulatori multidisciplinari per addestramento e pianificazione missioni.

Come da premessa, Trieste rientra nella struttura di Sonsub, che ha la sede principale a Marghera e un ulteriore supporto nella scozzese Aberdeen: in tutto circa 500 addetti, dei quali 30 al magazzino 23.

Il robot-tappo

Finora Trieste era nota soprattutto come ospite del cosiddetto “Oie” (offset installation equipment), una sorta di robot-tappo in grado di intervenire per bloccare la fuoriuscita di idrocarburi da un pozzo o da una condotta sottomarini. Per fortuna che questo impianto di assoluta emergenza non ha ancora avuto l’inauspicabile occasione di farsi valere.

Missione innovativa in Porto Vecchio

Da alcuni anni la base in Porto vecchio ha accentuato la missione innovativa legata alla sperimentazione dei droni sottomarini. Quali possono essere gli impieghi di questi mezzi? Li documenta una scheda della stessa Saipem, evidenziandone la duttilità operativa tra sicurezza e ambiente: monitoraggio delle biodiversità, sorveglianza dei porti e delle infrastrutture “critiche” associate come rigassificatori e terminali energetici, tutela dei siti archeologici in acque profonde. Fino alla routine di mappatura dei fondali. Con meno rischi per il personale umano – rifinisce Saipem – e meno costi.

Collaborazioni e clientela

Clientela e collaborazioni a 18 carati come la norvegese Equinor, la multinazionale britannica Shell, la brasiliana Petrobras. I droni, messi finora sul mercato, sono il Flatfish (ispezione avanzata), HydroneR (intervento e ispezione avanzati), HydroneW (intervento completamente elettrico). Lo scorso maggio, a Trieste, si sono svolti test di collaudo di nuove funzioni esercitate da Flatfish, per verificare l’affidabilità di questo mezzo nell’operare in mare aperto.

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