La Rosolen nel "club" di Matteoli
Dopo la frattura con il Pdl triestino, Alessia Rosolen entra nella "Fondazione della libertà per il bene comune" creata da Altero Matteoli. La diretta interessata risponde così alle critiche degli ultimi giorni: "In Friuli Venezia Giulia non esistono luoghi di discussione politica"
Alessia Rosolen
TRIESTE.
Sorpresa. Il Pdl triestino vuole cacciarla? Altero Matteoli l’accoglie a braccia aperte: Alessia Rosolen entra nella fondazione che il potente ex colonnello di An inaugura ufficialmente oggi a Roma. Il nome è quasi impossibile: Fondazione della libertà per il bene comune. La location del debutto gettonatissima: il Tempio d’Adriano. Gli ospiti pesanti: Giulio Tremonti, Gianfranco Fini, Massimo D’Alema. I soci numerosi: l’associazione "Meridiana" che si presenta alla vigilia, con la benedizione di Giorgia Meloni, Adolfo Urso, Italo Bocchino, raccoglie già trecento amministratori locali.
Lei, l’assessore regionale al Lavoro, la "ribelle", non solo ne fa parte. Ma ne dirige, come direttore responsabile, il magazine omonimo. A Trieste c’è chi storce il naso? Chi rischia il mal di pancia? La diretta interessata non fa un plissé: «In Friuli Venezia Giulia, purtroppo, non esistono luoghi di discussione politica. O, se ci sono, sono a me preclusi. Spero di trovarli altrove perché credo da sempre in un partito di valori, regole e diritti non negoziabile. Questa è la mia storia, la mia identità, e continuo a sentirmene parte». Resta un dubbio. Potranno una fondazione e un ministro alle Infrastrutture scongiurare guerre balcaniche a Trieste e dintorni? Chissà, molti ne dubitano.
E poi, nella capitale i pensieri prevalenti sono altri. Ormai impazzano, anziché i predellini, le fondazioni, i club, le associazioni: il Pdl proiettato nell’era post-berlusconiana pullula di correnti, cacicchi, camarille, idee e newsletter. Michela Vittoria Brambilla, la rossa, lancia i suoi promotori della libertà. È storia di ieri. Mario Valducci, il forzista della prim’ora, scongela i suoi club della libertà. Il premier benedice, sono amici.
Mica come gli altri, gli infedeli, quelli che già pregustano il dopo. Ma nemmeno lui, il Cavaliere, riesce a bloccare la sfida a colpi di fondazioni. Le ”vecchie” come la finiana Farefuturo o la formidabile Rete Italia di Roberto Formigoni non bastano più. Vip e peones, parlamentari e "ras" locali sono al bivio: che fare? Entrare? Dove? E con chi? I maggiorenti pidiellini del Friuli Venezia Giulia, alle prese con il dilemma che Rosolen ha già risolto, hanno sensibilità, storie, rapporti diversi. Gli ex aennini sono più avvezzi alla correnti e ai partiti "veri".
Gli ex forzisti meno. Ma non è solo questo. Roberto Menia vanta un rapporto lungo, diretto e consolidato con Gianfranco Fini e Maurizio Gasparri ma, di fondazioni, non ne vuole sapere: «Mi basta il partito». E, come lui, Roberto Antonione: «Mi hanno chiesto di aderire, ho preferito di no». Storie diverse, decisioni uguali. Ferruccio Saro, navigato e iperattivo senatore, coltiva il suo legame diretto con il premier, divora rapporti come noccioline ma rifugge club e sodalizi: «In un momento così complicato la scelta migliore è sostenere Berlusconi. Senza pensare al ”dopo” perché rischiamo nuovi fenomeni disgregativi».
Si ritrova d’accordo, evento raro, Isidoro Gottardo. Il coordinatore regionale del Pdl ha un feeling speciale con Franco Frattini: «Ma il ministro degli Esteri non farà una sua fondazione. Questa proliferazione indebolisce il partito, non lo rafforza. Dobbiamo fare presente, più che fare futuro». Sottoscrive il capogruppo regionale Daniele Galasso: non si fa intruppare. E non lo fanno, a quanto raccontano in casa Pdl, nemmeno Renzo Tondo e Giulio Camber. Non tutti sono d’accordo. Matteoli, tra gli ex aennini friulani, gode da sempre grandi consensi.
E così Manlio Contento aderisce alla fondazione di Matteoli. Riccardo Riccardi potrebbe farlo. Giovanni Collino si sdoppia, dà la sua disponibilità tanto a Farefuturo che alla ”creatura” del ministro, pur avvertendo: «Sì alle fondazioni purché siano strumento di arricchimento politico e culturale e aiutino a creare un grande partito moderno in grado di discutere e selezionare la futura classe dirigente». Mica facile, però.
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