La “ritirata” militare 30 anni fa a Gradisca con i fanti del Nembo

/ GRADISCA
Il 30 aprile di trent’anni fa Gradisca d’Isonzo, probabilmente senza ancora immaginarlo, cambiava per sempre. Ricorre domani il terzo decennale dello scioglimento del 183° Battaglione di Fanteria Meccanizzato “Nembo”, ovvero il primo passo verso la totale dismissione della presenza militare in città. Una presenza che accompagnava la Fortezza, in modo corposo, sin dal primo dopoguerra. E che più o meno repentinamente spariva, portando con sé non soltanto un’importante fetta di storia, ma anche una parte dell’identità cittadina.
Era il 1991 quando, in un clima politico internazionale che stava mutando a velocità imprevedibile, anche l’assetto militare del Paese subì una decisa ristrutturazione. Quel riassetto, che portò allo scioglimento di numerosi reparti dell’Esercito, era dovuto alla fine della Guerra Fredda e alla progressiva diminuzione del gettito di militari di leva. Per l’economia cittadina, fu un colpo da cui probabilmente la Fortezza non si è mai più ripresa.
La “città nella città” costituita dall’esercito contava su una popolazione di 4.500 persone che gravitava su un centro di poco più di 6 mila anime, popolando le due caserme “Toti Bergamas” di via Papalina e “Ugo Polonio” di via Udine. Proprio quest’ultima era la casa del “Nembo”, il reparto dell’Esercito che vanta la più lunga permanenza a Gradisca: dall’aprile 1953, allorché proveniente da Belluno prese sede alla “Polonio”, fino all’aprile 1991, quando fu sciolto. Per la verità oggi esiste ancora, ma con un’altra pelle: ritornato alla specialità d’origine, quella del paracadutismo, oggi il battaglione è di stanza a Pistoia.
Pochi anni dopo sarebbe toccato agli altri: nel 1996 chiuderà i battenti anche il 46° Artiglieria “Trento” di stanza alla Toti, mentre un anno dopo sarà la volta del 41° Reggimento Fanteria “Modena”, e il Battaglione Logistico “Gorizia” lasciare per sempre la “Polonio”.
La fine di un’era, per i due beni demaniali ha segnato l’inizio di un’altra: il compendio di via Udine, come ben noto, sarebbe diventata la sede di un doppio centro immigrati. Abbandono e degrado sono invece tuttora la realtà della più centrale “Toti Bergamas”, tuttora oggetto di un infinito palleggio di responsabilità per reinserirla nel tessuto urbanistico. Fra progetti ecosostenibili, sogni immobiliari, una nuova sede della Compagnia Carabinieri e scuole futuristiche, le idee non mancano ma la lontananza dello Stato sul tema è tanta. E allora è lecita un po’ di malinconia per quelle trattorie, pizzerie, mercerie, negozi di abbigliamento che forse non vivevano solo con i militari, ma di certo campavano meglio. Un indotto tanto prezioso quanto comodo: non bisognava – per l’appunto – neppure sforzarsi più di tanto per costruirsi la propria clientela.
Spogliata di quel patrimonio, Gradisca si è ritrovata nel panico: la famosa “vocazione emporiale” svuotata di significato e costretta alle sfide della grande distribuzione, il turismo che non decolla. E di attività produttive che compensassero la dipartita dell’Esercito neppure l’ombra. E così non rimane che la nostalgia per quell’età dorata. Un sentimento a quanto pare ricambiato dagli stessi ex commilitoni, se è vero che il web pullula di pagine dedicate alla naja a Gradisca, ove è possibile ritrovare amicizie (e chissà, vecchi amori) perdute nel tempo, o all’approfondimento della storia dei propri reparti. Che, nel caso del “Nembo”, è davvero gloriosa. Anche se oggi prosegue a Pistoia. —
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