La riforma taglia i distretti: rivoluzionata la sanità territoriale
Distretti non proprio dimezzati come voleva il centrodestra nella scorsa legislatura, ma sicuramente ridotti di numero: da uno ogni 50mila si passa a uno ogni 50-100mila abitanti. E poi le nuove Aggregazioni funzionali territoriali (Aft), i Centri di assistenza primaria e i Centri della salute che rivoluzionano l’offerta ambulatoriale. Infine, la domiciliarità come luogo prioritario dell’intervento sociosanitario per cronicità e non autosufficienza. La riforma Serracchiani-Telesca non solo cambia l’assetto istituzione degli enti del Ssr, ridisegna la mappa degli ospedali, taglia posti letto per acuti e riduce i doppioni ma, e sarà probabilmente l’intervento di maggiore impatto sul cittadino, riorganizza soprattutto la sanità di prossimità.
Le finalità «Potenziare l’assistenza primaria rendendola il più possibile vicina alle esigenze e ai bisogni dei cittadini» è, non a caso, la prima delle tre finalità della legge assieme al riequilibrio delle risorse e alla salvaguardia del ruolo e della partecipazione delle università alle attività assistenziali. I “Principi dell’assistenza primaria e standard organizzativi” sono quindi delineati all’articolo 18, un’introduzione ai dettagli del capitolo “Organizzazione” agli articoli 19-24.
I distretti La giunta Tondo, nella riforma mai decollata causa sconfitta elettorale, avrebbe voluto dimezzare i distretti - che attualmente sono venti - formandone uno ogni 100mila abitanti e non più uno ogni 50mila come nella situazione attuale. La giunta Serracchiani ne riduce a sua volta il numero ma in maniera meno netta: la previsione è di far coincidere i distretti con uno o più ambiti dei servizi sociali dei comuni e di rideterminarne il numero tenendo conto di un bacino d’utenza compreso tra 50mila e 100mila residenti, salvo deroghe per le zone montane.
I compiti Dotati di autonomia tecnico-gestionale, organizzativa e contabile, i Distretti verranno individuati dal direttore generale dell’Azienda, di concerto con la Conferenza dei sindaci, e assicureranno assistenza medica primaria, domiciliare integrata, farmaceutica, materno infantile, psichiatrica, oltre a gestire il servizio per le dipendenze, la sanità penitenziaria, le stretture intermedie (Rsa, hospice, ospedale di comunità, moduli ad alta intensità assistenziale) e il Centro di salute mentale.
I medici in rete Grandi protagonisti saranno i circa 1.100 medici di medicina generale, pediatri compresi. Entro il 31 dicembre 2016 dovranno avviare le tre forme organizzative dell’assistenza primaria messe loro a disposizione dalla riforma. A partire dalle Aft, modello organizzativo che consentirà a fasce di popolazione comprese tra i 20 e i 30mila abitanti di ottenere risposte nelle 12 ore diurne (sei giorni su sette) non solo dal proprio medico ma anche da altri professionisti comunque forniti delle informazioni sul paziente.
L’integrazione professionale In via di formazione anche i Centri di assistenza primaria e i Centri della salute, frutto dell’aggregazione di medici di base e di continuità assistenziale (l’ex guardia medica), specialisti e personale proveniente da distretti e ospedali che operano nella stesse sede, preferibilmente nelle strutture distrettuali. I Centri di assistenza primaria (anche in questa caso su un bacino tra i 20 e i 30mila abitanti) assicureranno le prestazioni di medicina generale, infermieristiche, ambulatoriali, domiciliari e specialistiche, garantiranno la continuità assistenziale e ospiteranno, oltre agli ambulatori, punti prelievo e diagnostica strumentale di primo livello. Il tutto sulle 24 ore e per sette giorni la settimana.
Gli ospedali di Comunità Negli ex ospedali di rete di Cividale, Gemona, Sacile e Maniago, oltre al Centro di assistenza primaria, è pure prevista la presenza dell’ospedale di comunità, che assumerà la denominazione di Presidio per la salute, svilupperà ulteriori funzioni ambulatoriali specialistiche e diagnostiche ed eseguirà interventi di chirurgia minore.
L’assistenza domiciliare All’articolo 21 della bozza di ddl si fissano poi le regole dell’assistenza domiciliare basata sull’infermiere di famiglia e di comunità, sulla formazione e il sostegno organizzativo dei familiari, sulla telemedicina, considerata strumento indispensabile per garantire la continuità informativa e il monitoraggio assistenziale.
Le strutture intermedie La riforma ribadisce inoltre i ruoli del dipartimento di salute mentale, delle Rsa, rafforzate come numero di posti letto, degli hospice e delle Suap, speciali unità di assistenza protratta. L’integrazione e il coordinamento delle strutture intermedie vengono attuati tramite l’Unità di valutazione distrettuale (già prevista dalla legge 10/1998), dotata di competenze per leggere le esigenze dei cittadini con bisogni complessi sanitari e sociali.
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