La richiesta d'aiuto per una socialità assente

Da qualche settimana nelle scuole sono ripresi i colloqui tra docenti e genitori, ovviamente anch’essi a distanza. Nel mio liceo la procedura prevede che il genitore interessato a parlare con un insegnante debba richiedere un appuntamento via e-mail in modo che si possa organizzare una teleconferenza tramite una nota applicazione. La procedura è piuttosto laboriosa, e così personalmente ho preferito dare alle famiglie il mio numero di telefono invitandole a chiamarmi in alcuni orari stabiliti.
Spesso – ciò avveniva già prima della pandemia – i genitori non chiedono un colloquio con noi insegnanti per conoscere il profitto del figlio. Del resto da qualche anno il registro elettronico informa in tempo reale tutta la famiglia di ogni singolo voto, sicché i ragazzi non possono più nascondere alcunché. Molte volte le famiglie si rivolgono alla scuola chiedendo un aiuto ad affrontare i problemi “non scolastici” dei figli. «Professore, che impressione ha di mio figlio? Le sembra sereno? Ha l’impressione che sia integrato con i suoi compagni di classe?». Domande di questo tipo non sono affatto rare, perché fa parte delle costanti comportamentali di molti adolescenti la tendenza a parlare molto poco, in casa, con mamma e papà. Tanto da apparire a questi ultimi come dei veri e propri enigmi.
L’altro giorno ho ricevuto una chiamata dalla madre di Giulio (ovviamente il nome è di fantasia), un ragazzo di seconda: «Professore, ma quando riapriranno le scuole? Sono molto preoccupata. Vedo mio figlio assai più apatico di prima. Non reagisce ad alcuno stimolo. Ultimamente neanche si fa più la doccia. Non so davvero che cosa fare». Una richiesta di aiuto che è il grido di dolore di una madre. Ecco che cosa manca ai ragazzi insieme con la frequenza scolastica: una ragione per farsi la doccia, vestirsi e uscire di casa per incontrare i coetanei. Giulio, peraltro, anche in occasione del lockdown della scorsa primavera ci aveva messo due settimane a collegarsi per la didattica a distanza. E per farglielo fare avevamo dovuto contattare i genitori: convinti, naturalmente, che il figlio la mattina (mentre loro erano al lavoro) seguisse le videolezioni da casa.
Non c’è niente da fare. Alcuni ragazzi stanno risentendo moltissimo di questa situazione di privazione della socialità. Perciò politici e amministratori devono lavorare seriamente sin da ora perché a gennaio le scuole riaprano davvero. Altrimenti molti ragazzi rischieranno di perdere non solo un anno scolastico, ma la propria stessa giovinezza. —
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