La Repubblica di Don Marzari modello di democrazia
Chissà che direbbe monsignor Edoardo Marzari, figura cardine nella storia del Novecento di queste terre di cui quest’anno ricorre il quarantennale della morte, della pesante ipoteca che l’Italia ha messo sul futuro dei giovani, sempre più precari ed esclusi dalle decisioni che contano. Lui che per risorgere da uno dei peggiori orrori del cosiddetto secolo breve, per cui pagò abbondante ammenda per il coraggio di essersi schierato, aveva puntato tutto proprio su di loro, sui giovani. Forse non fu un caso se nel 1950 la sua “Repubblica dei ragazzi di Trieste” nacque proprio nella vasta sala del teatro Fenice.
La “repubblichetta” di don Marzari nel dopoguerra fu davvero una rinascita: della speranza prima di tutto, riposta nei più giovani, per un futuro migliore. «Nessuno metta il vino nuovo negli otri vecchi: sono parole del Vangelo -– diceva don Marzari, e il suo discorso sembra quanto mai attuale -. E significano: un’idea nuova e generosa può essere fatta propria solo da anime giovani. Perché i vecchi di solito non sanno liberarsi dai loro pregiudizi. Lo si vede anche a proposito dell’Europa unita…- proseguiva il monsignore, convinto europeista fin da allora - E’ un’idea nuova di patria che deve farsi strada una patria che si fa culla, palestra per una cittadinanza più alta, più aperta. E questa nuova idea è appunto come il vino, che richiede una botte nuova: ossia l’animo sgombro, sincero e generoso dei giovani».
La sua “repubblichetta”, cui parteciparono tantissimi ragazzi fin dalla sua fondazione, fu un vero esempio di democrazia, tutto da recuperare al giorno d’oggi. Aveva i suoi ministri fin dalla sua costituzione, e i ministeri erano affidati non secondo logiche politiche. Ma la storia di Edoardo Marzari non si esaurì con il suo impegno per i giovani, per il quale fu spesso paragonato a Don Bosco. Monsignor Marzari fu uomo di fede e di coraggio: nacque a Capodistria nel 1905, nel ‘32 fu ordinato sacerdote e s’impegnò come educatore dei gruppi giovanili. Dal gennaio del 1938 assunse la direzione del settimanale «Vita Nuova»: i suoi editoriali delineano una visione della società aperta e libera, che si pone in palese contrapposizione con le autorità fasciste. Con fermezza condannò il razzismo nazionalsocialista e quello fascista. Non fu per caso, quindi, che nel 1944 gli venne chiesto di assumere la presidenza del CLN della Venezia Giulia. Il 7 febbraio 1945 fu arrestato dai nazisti e dai fascisti della banda Collotti. Le sofferenze e le torture minarono il suo fisico ma non la sua forza di volontà. Fu liberato dopo qualche mese da un nucleo di Volontari della Libertà, venne portato negli uffici dove si trovano riuniti tutti i componenti del CLN e da qui ordinò di dare corso all'insurrezione armata per liberare la città dall'occupazione nazista. Fu grazie a questa iniziativa che, dopo i 40 giorni di occupazione titina, Trieste poté rivendicare la propria appartenenza all’Italia, che si concretizzò solo il 26 ottobre 1954. Immediatamente dopo la liberazione, Marzari riprese il suo impegno sociale: nell’estate del 1945 fondò, in un Palazzo Vivante semidistrutto dai bombardamenti, l’Opera Figli del Popolo e la Famiglia Giovanile Auxilium. Qui accolse i giovani profughi dall’Istria e il 26 novembre 1950 fondò la Repubblica dei Ragazzi.
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