La Regione: basta carbone a Monfalcone, sì a SmartGas
MONFALCONE Le linee strategiche della giunta Serracchiani in materia energetica sono tracciate. Le coordinate sono sancite, infatti, nell’ambito della proposta di piano regionale approvata lo scorso 26 giugno. In sostanza, la delibera 1252 di adozione del piano lo fa capire chiaramente enunciando le misure da assumere: “stop” al carbone, “no” al rigassificatore onshore di Zaule e sì, invece, a mini-midi impianti di rigassificazione, come quello proposto dalla società SmartGas, capeggiata dall’imprenditore Alessandro Vescovini.
Il tutto puntando sulle energie rinnovabili. Lo si evince all’allegato 1 della corposa delibera di giunta, scorrendo le relative schede nel passare in rassegna lo status quo, nonchè le caratteristiche dei progetti e delle produzioni energetiche esistenti. Si parte dalle centrali termoelettriche tradizionali, per le quali l’obiettivo è quello di «favorire la rimodulazione del loro funzionamento».
Per la centrale A2A significa «superare l’utilizzo del carbone e promuovere un processo di transizione attraverso l’uso del gas e/o delle energie rinnovabili, al fine di ridurre gli impatti». Insomma, si va verso la riconversione dell’impianto, e l’alternativa è individuata proprio nel gas e nelle rinnovabili. Per questo, la giunta regionale intende promuovere uno specifico tavolo di lavoro con A2A e l’amministrazione comunale.
Quanto alla centrale Edison a ciclo combinato di Torviscosa, si parla di una ristrutturazione dell’impianto affinchè venga prodotta energia “tarata” sulla domanda regionale. Il passaggio riportato, infatti, enuncia la volontà di «favorire con accordi procedimentali il revamping e l’upgrading degli impianti a ciclo combinato esistenti sul territorio regionale, per evolvere da un funzionamento a carico nominale verso un funzionamento ad esercizio variabile».
E veniamo agli inquadramenti. Nella delibera si fa riferimento a un «sistema elettrico nazionale caratterizzato da una elevata overcapacity pari a circa 130 GW di potenza installata, a fronte di una domanda che arriva al massimo a 52 GW». Si registra inoltre «un sensibile calo della domanda che sembrerebbe permanere anche nei prossimi anni. Questi elementi - continua la delibera - stanno mettendo in crisi il vecchio modello basato sul termoelettrico convenzionale con i cicli combinati che lavorano in media circa 2.400 ore l’anno, contro le 4.000-5.000 necessarie a coprire gli investimenti».
Per quanto riguarda la centrale termoelettrica di Monfalcone, viene evidenziato: «È alimentata a carbone e parzialmente a biomasse vergini solide. Nel 2011 ha contribuito al 23% della produzione termoelettrica regionale, con una potenza netta installata (Gruppi 1 e 2) di 310 MW». La Regione, quindi, intende promuovere uno «scenario di transizione, attraverso l’uso di gas e/o energie rinnovabili, per la centrale di Monfalcone, al fine di ridurne gli effetti negativi sull’ambiente e sulla popolazione».
Quanto alla centrale Edison a gas metano di Torviscosa, con potenza netta di 771 MW a cogenerazione a ciclo combinato, si osserva: «Nel 2011 ha contribuito con il 42% a tutta la produzione termoelettrica regionale». La centrale, si rileva, «deve adattarsi dinamicamente alle oscillazioni di produzione delle fonti rinnovabili (regionale e per il Nord Est d’Italia), per ridurre gli sbilanciamenti di carico della Rete nazionale e consentire il più possibile l’autoconsumo regionale».
Quindi i rigassificatori. La misura è quella di puntare sul gas come vettore energetico di transizione per un modello più sostenibile, ma, viene riportato, «la volontà è quella di non autorizzare il rigassificatore onshore di Zaule, ritenendo il progetto sovradimensionato per la Regione, oltrechè in contrasto con il modello di sviluppo del porto di Trieste».
E “sì”, invece, a mini-midi rigassificatori, per i quali si parla di «stipulare un accordo procedimentale tra le Pubbliche amministrazioni coinvolte (Stato, Regione, Comuni) e i proponenti privati, al fine di realizzare un impianto con adeguate compensazioni ambientali sul territorio e che non sia in contrasto con lo sviluppo dei porti regionali». Ciò, viene ancora spiegato, tenendo conto dell’uso di questi impianti per esigenze locali o regionali, della più semplice tecnologia e dei costi più facilmente finanziabili, dell’elasticità di adattamento all’offerta o alla domanda, nonchè dello sfruttamento del gas naturale per il sistema dei trasporti. Inoltre, si aggiunge, «il terminale di piccola scala deve costituire un’ulteriore opportunità per lo sviluppo del porto ospitante e non una limitazione».
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