La reazione del top manager: «Non starò attaccato alla poltrona»
TRIESTE Bono pronto a «togliere il disturbo» se costretto a un ruolo ridimensionato. La battuta sulla riconferma che «dipende dall’azionista (la Cdp, ndr)» e «da me» significa la rivendicazione di una storia umana e professionale che non cerca mediazioni e difesa della poltrona. Chi è stato vicino al numero uno di Fincantieri in questi giorni lo descrive non particolarmente turbato dalle pressioni della politica che vorrebbe rimuoverlo ma di certo per nulla disposto a soluzioni di compromesso.
Bono, 75 anni fra poco, da una vita nell’industria di Stato, da 16 anni al timone del colosso triestino, è uno degli ultimi grandi manager che ha attraversato molti governi, prima e seconda Repubblica, solcato con successo numerose tempeste sui mercati (2001, 2008), portato alla quotazione e trasformato in un gioiello industriale il colosso della cantieristica ex Iri. Più volte a detto di non offendersi se lo si definisce boiardo, se con questa parola si definisce un servitore dello Stato. Quella stessa missione che lo ha portato a candidare Fincantieri a costruire il ponte di Genova dopo il crollo del Morandi: «Navi e industria dei porti non sono così distanti». L’opera del top manager calabrese si riassume in un paio di numeri. Dal 2002, anno uno dell’era Bono, al 2018, il backlog di Fincantieri è passato da 6 a 32,5 miliardi: significa che i cantieri sono tutti impegnati fino al 2027. Sedici anni in cui il fatturato è cresciuto da 2,2 a 5 miliardi. In mezzo c’è stato il crollo dei mercati seguito alle Twin Towers e la seconda grande recessione del 2008. Singolare, si osserva, che le pressioni sull’ultimo grande manager pubblico coincidano con il ritorno del “patriottismo industriale” e dello Stato-padrone.
Di fatto oggi Fincantieri è il più grande gruppo manifatturiero italiano dopo Fca. «Bono è uno dei pochissimi manager in Italia ad avere una visione industriale», ha detto un rivale storico come il neo segretario della Cgil, Maurizio Landini. Oggi l’ad deve gestire la partita francese per i Chantiers de l’Atlantique. Il governo francese, nonostante le liti temerarie del governo gialloverde, ha fatto sapere di guardare in modo favorevole all'accordo raggiunto per l'acquisizione di Stx France da parte di Fincantieri nonostante l'autorità della concorrenza abbia rinviato il dossier a Bruxelles. Il via libera all’alleanza accelererebbe anche il decollo della joint venture nel militare.
Tutte partite che Bono gestisce in prima persona con l’obiettivo di creare un Airbus dei mari, un campione europeo dell’industria cantieristica. Si può capire che di fronte a progetti di così ampia portata è difficile immaginarlo con un ruolo dimezzato. I prossimi giorni saranno decisivi. Lunedì a mercati chiusi il cda triestino diffonderà i risultati 2018. Il 6 marzo il cda di Cassa Depositi e Prestiti, la merchant bank azionista forte del gruppo triestino con il 71,64% attraverso Fintecna, esaminerà la partita nomine per il vertice di Fincantieri e di altre società. A quel punto il Tesoro darà le sue indicazioni sulla lista almeno 25 giorni prima la convocazione dell’assemblea di Fincantieri, fissata al 5 aprile a Trieste. Il presidente di Cdp Carlo Palermo, a colloquio col Sole 24 Ore, ha definito il gruppo triestino «una eccellenza da preservare». C’è chi osserva che la recente nomina di un secondo direttore generale (Pier Francesco Ragni) che proviene dalla struttura interna già prefigura un management rafforzato (con l’altro direttore generale Alberto Mestrini) consentendo a Bono di concentrarsi sulle grandi strategie. E c’è attesa per la prossima uscita pubblica del manager a Trieste martedì a un convegno della Fondazione Italia-Cina, presenti i vertici di China State Shipbuilding, alleati del gruppo triestino nell’espansione in Cina. —
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