La provincia di Trieste è un “buco nero” del metano: solo 6 in tutto il Fvg

TRIESTE. Daniele, 29 anni, nel 2015 si è trasferito da Torino a Trieste con la sua Panda arancione bi-fuel per lavorare in Fincantieri. Da allora non ha più fatto rifornimento di gas dalle nostre parti. La provincia giuliana è infatti un buco nero dei distributori di metano.
In tutta la regione ce ne sono tre a Udine, tutti raccolti in una manciata di chilometri, e tre nel Pordenonese. Zero a Trieste e Gorizia. Nel vicino Veneto ne sono operativi ben 149. Peggio del Fvg solo Valle d’Aosta (1), Molise (4) e Sardegna (0). In Slovenia ne hanno solo 4 in attività, e il punto più vicino si trova a Lubiana, riporta il sito metanoauto.com. Ciononostante, il parco auto alimentate a benzina e metano in regione è in leggera ma costante crescita: dal 2000 ad oggi è quasi triplicato.
Ma a che serve aumentare il numero di erogatori di metano, l’obiezione, quando c’è lo sconto benzina e qui vicino abbiamo la Slovenia?
Non è solo una questione economica. Ci sono importanti considerazioni di carattere ambientale. «Le emissioni di polveri sono praticamente azzerate», conferma Michele De Luca, presidente di MetanoAuto.com. «Il Fvg vive un paradosso: la regione è attraversata da tanti metanodotti, non ci sarebbe difficoltà a trovare punti di allacciamenti. Il fatto di non aver sviluppato una rete non consentirà di sviluppare il biometano, che ha impatto sulla Co2 praticamente nullo». Tanto quanto l’energia eolica, conferma un esperto.
Trieste compare tra le 32 città italiane più inquinate nel 2016 secondo un’elaborazione di Legambiente su dati Arpa. Il capoluogo giuliano ha sforato il limite delle concentrazioni di Pm10 per almeno due anni su sei dal 2009 al 2014, quindi avrà l’obbligo di adeguarsi ad una normativa nazionale che, a sua volta, recepisce la direttiva europea Dafi (Directive alternative fuel initiative).
Le regioni, in pratica, avranno l’obbligo di presentare dei progetti per dotare tutti i grandi distributori di carburante di colonnine di gas naturale compresso o liquefatto entro il 2020. «Vista la riottosità degli investitori privati, le autorità finora non hanno fornito adeguati finanziamenti per il metano. Manca un piano regionale», lamenta Giovanni Camol che lavora al distributore che vende esclusivamente metano a Pordenone. «Le aperture territoriali sarebbero da programmare ben distanziate le une dalle altre: ci sono regioni con una buona clientela anche avendo pochi distributori, ma sparpagliati strategicamente. Solo così si crea una ragnatela di base».

Il suo omologo udinese, Giuseppe Rosso, 67 anni, punta il dito proprio sull’assurdità della collocazione geografica degli impianti. «Nel giro di quattro chilometri ci sono tre distributori: così ci mangiamo l’un l’altro». Da Auto Metano Udine non arrivano tanti triestini: poco più di un centinaio le vetture ibride benzina/metano registrate all’Aci nella Venezia Giulia. E così l’alimentazione a gas è diventata quasi una questione esoterica. «È una cosa che si tramanda di padre in figlio, ma è un peccato: con questa carburazione le macchine durano di più e rendono di più», aggiunge Rosso.
A 40 chilometri di distanza, nei pressi di Spilimbergo, sorgerà un nuovo distributore. Costruito anche grazie ai contributi della giunta Fvg. «Non solo Trieste è un buco nero del metano, ma lo è tutta la regione. Con la nuova linea di finanziamento da 500mila euro, stanziata l’anno scorso, siamo riusciti a finanziare due impianti con 85mila euro ciascuno», commenta l’assessore regionale all’Energia Sara Vito. I soldi avanzati sono rientrati nelle casse dell’ente. «Il dialogo con la pubblica amministrazione dovrebbe partire anche dalle imprese. Non escludiamo di riprendere la linea contributiva in Finanziaria se dovessero arrivarci segnalazione di interesse».
A Udine, «comune da cui ci arrivano sollecitazioni», verrà organizzato un convegno pubblico a luglio proprio sul tema mobilità a metano.
Quanto a Trieste poco o nulla si muove sul fronte privato. «Nessun imprenditore è interessato con un mercato così contenuto», lamenta l’assessore triestino Maurizio Bucci. Le spese sono ingenti: aprire un nuovo distributore costa dai 250 ai 500mila euro. Installare una colonnina di metano un 30/40% in meno.

Oltre alla Regione, a venire in soccorso di imprenditori e operatori privati di rete potrebbe essere Snam, l’operatore italiano dell’infrastruttura del gas, che con Fca e Iveco punta a realizzare fino a 300 nuovi erogatori di metano in Italia (oggi ce ne sono 1187) entro il 2021 grazie ad un piano industriale da 150 milioni di euro. Trieste, fanno sapere dall’azienda, potrebbe essere parte di uno di questi corridoi di sviluppo. «In Fvg si è pensato a mantenere la rendita di posizione, non pensando che di rendita di posizione si muore. Il futuro è fatto di alternative ai combustibili tradizionali», ritiene Uberto Fortuna Drossi, ex consigliere regionale che si era intestato questa “battaglia” ormai dieci anni fa.
Il tema del metano in Friuli Venezia Giulia assomiglia un po’ all’antico adagio: “È nato prima l’uovo o la gallina?”. Come commenta infatti Daniele, il 29enne dalla cui storia siamo partiti, «uno non si compra la macchina perché non c’è distributore, ma il distributore non ha convenienza ad aprire se non ci sono clienti».
++ Nel grafico, i territori in regione con maggiore densità di veicoli ad alimentazione ibrida metano/benzina. Scontata l'analisi: dove ci sono distributori, ci sono macchine che usano questo tipo di carburazione dal basso impatto ambientale ++
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