La protesta delle guardie mediche si estende anche a Trieste

Monta la mobilitazione contro lo «stipendio decurtato» dopo i primi focolai tra Bassa friulana, Gorizia e Monfalcone. «Trattativa da rifare»
Foto BRUNI 25.03.2018 Ospedale Maggiore- uffici guardia medica chiusi
Foto BRUNI 25.03.2018 Ospedale Maggiore- uffici guardia medica chiusi

TRIESTE Braccia incrociate anche per le guardie mediche di Trieste. Il giorno dopo la chiusura degli ambulatori di Monfalcone e Gorizia, si estende anche al capoluogo regionale la protesta dei medici di continuità assistenziale che avevano già indetto lo stato di agitazione a Cormons, Grado, Cervignano, Palmanova, Latisana e San Giorgio.

Foto BRUNI 25.03.2018 Ospedale Maggiore- uffici guardia medica chiusi
Foto BRUNI 25.03.2018 Ospedale Maggiore- uffici guardia medica chiusi

Il motivo è sempre lo stesso: la decurtazione dallo stipendio dell’indennità di tre euro all’ora prima garantita per le prestazioni non previste dal contratto nazionale e che ora, in base all’accordo locale siglato il 23 febbraio scorso da AsuiTs, Regione e sindacati, verranno corrisposte, anziché mensilmente, in due tranche annuali sulla base di quattro obiettivi da raggiungere.

Chiude la Guardia medica: a Monfalcone è subito caos

A differenza di quanto successo nell’Aas 2, a Trieste la trattativa c’è stata. «Peccato che ci non abbiano interpellato, né l’AsuiTs né i sindacati, e che abbiano calato dall’alto degli obiettivi irraggiungibili per noi e penalizzanti per i cittadini», tuonano infatti le guardie mediche del Maggiore dopo aver appeso i cartelli in segno di protesta.

Da domenica garantiscono solo le prestazioni “non differibili”, che non possono cioè attendere il rientro del medico di base. «Le uniche insomma previste dal contratto e per questo ancora pagate», spiegano i medici, che hanno rispedito al mittente (il 112) le urgenze, dirottandole al Pronto soccorso, e rimandato al medico di base le altre chiamate.

«Dall’AsuiTs ci aspettavamo che ci tutelasse - incalza Salvatore Picardi - e che ci convocasse per trovare un accordo su obiettivi che dovevano essere condivisi non dalle rappresentanze sindacali ma da noi, che sappiamo di cosa stiamo parlando. Trovarci con 350, 450 euro al mese in meno è profondamente scorretto, ci mortifica. Le Aziende sanitarie di Udine e Pordenone hanno individuato degli obiettivi perseguibili, a differenza di quanto successo qua».

Nel dettaglio, si critica l’obiettivo per cui le guardie mediche devono garantire l’assistenza ai non residenti: «Un servizio che fino a settembre era coperto, e pagato 50 euro all’ora, dal Presidio di medicina generale. Da quando è stato soppresso si riversano in massa su di noi e devono pure pagare il ticket, del cui compenso noi non percepiamo nulla». Poi il ricovero concordato: «Ci chiedono di andare a domicilio e da lì compilare un modulo e concordare col Pronto soccorso il ricovero. Supponiamo il dolore toracico per un infarto. Fermo restando che le emergenze non spettano a noi, così facendo si perde solo tempo mettendo seriamente a rischio il paziente». Criticato anche l’obiettivo delle cure palliative: «Scaricano su di noi, che non siamo preparati a farlo, la terapia del dolore dei malati terminali lasciati a casa». Infine l’obiettivo che prevede di registrare le chiamate con un programma informatico giudicato «inadatto». «Le guardie mediche chiedono pertanto che la trattativa venga riaperta e gli obiettivi fissati ex novo».

Dal suo canto, l’AsuiTs risponde che «per tutti gli accordi strategici l’Azienda si deve interfacciare con i sindacati». E prende dunque le distanze su eventuali mancati accordi tra questi ultimi e i lavoratori. Fra i sindacati, ieri non è stato possibile contattare i referenti delle sigle Fimmg e Snami, che hanno sottoscritto l’accordo. A differenza invece di Mimmo Montalbano dello Smi, concorde con le guardie mediche, tanto da non aver partecipato a quel tavolo.

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