La protesta dei 51mila. E la regione si ferma

Salta l’intesa dell’ultima ora. In piazza a Trieste gli addetti degli enti locali insieme ai dipendenti di tutti i servizi pubblici. Partita da 60 milioni di euro

TRIESTE. Nessun accordo dell'ultima ora. Oggi, mercoledì 25 maggio 2016, nel lavoro pubblico del Friuli Venezia Giulia si sciopera. Il sindacato chiama alla manifestazione in programma a Trieste con comizio in piazza Orologio non solo i dipendenti di Regione, Province, Comuni e Comunità montane, ma anche i colleghi della sanità, dei ministeri, delle agenzie fiscali, dei vigili del fuoco, degli enti pubblici non economici, delle Ater e delle Camere di commercio. A venire coinvolti anche i circa 9mila addetti delle cooperative sociali e i 900 della sanità privata, per un totale di quasi 51mila persone. Non meno rilevante l'importo dei contratti bloccati da ormai 7 anni. Sommando le voci dell'ultimo rinnovo, il biennio 2008-09, si sfiorano i 58 milioni (di cui 19 per il comparto unico, il solo contratto da rinnovare a livello regionale). Con i numeri non disponibili di vigili del fuoco, camere di commercio, cooperative e sanità privata, si sfondano i 60 milioni.

L'ultimo tentativo è fallito giovedì scorso. Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal impegnati al tavolo sul comparto unico si sono incontrati con la delegazione trattante di parte pubblica, hanno ascoltato per pochi minuti, si sono alzati e se ne sono andati, confermando la protesta allargata: il pubblico impiego sarà solo una parte dei dipendenti sollecitati a incrociare le braccia. La fotografia parla di 14.263 lavoratori del comparto, ma il gruppo più numeroso è quello della sanità: tra dirigenti (534), medici (2.897) e area non medica (16.685, di cui circa 7mila infermieri) si arriva a 20.116. Le altre voci sono quelle dei ministeri (2.518), delle agenzie fiscali (1.481), dei vigili del fuoco (1.025), degli enti pubblici non economici (1.013), delle Ater (350) e delle Camere di commercio (270). A queste 41.036 persone si aggiungono altre 10mila tra cooperative sociali e sanità privata. Tutti settori in attesa di rinnovo di contratto. Chi dallo Stato, chi dalla Regione.

Nel 2008-09 il rinnovo costò poco meno di 22 milioni per il comparto sanitario e altri 10 milioni per medici e dirigenti, 19 milioni per il pubblico impiego, 3,4 milioni per i ministeri, 2 milioni per le agenzie fiscali, 1,4 milioni per gli enti pubblici non economici. Da allora, per il blocco delle assunzioni imposto dalle direttive statali, i contratti non sono stati toccati. Mentre i lavoratori diminuivano. A "risvegliare" il sindacato è stata la sentenza della Corte costituzionale del giugno 2015, che ha dichiarato l'illegittimità del regime di blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico. Di qui l'avvio di un pressing sui datori di lavori in particolare da parte delle sigle del comparto con tanto di “tabellina” dei risparmi: secondo i calcoli del sindacato, Regioni ed enti locali hanno risparmiato dal 2009 a oggi poco meno di 500 milioni di euro.

Nulla di fatto, tuttavia. Non sono serviti gli incontri con la delegazione trattante presieduta da Luca Tamassia, il tentativo di conciliazione in Prefettura a Trieste e nemmeno le proposte datoriali. La più recente, stando a un comunicato di Palazzo, conteneva un aumento per il 2015 pari all'indennità di vacanza contrattuale già erogata e incrementi per il 2016 e 2017 sulla base dell'indice dei prezzi al consumo (il previsionale sarà comunicato dall'Istat entro la fine di maggio). La risposta sindacale è stata la stessa delle volte precedenti. Un misto di «imbarazzante, irricevibile, vergognoso, inaccettabile, scandaloso». Mafalda Ferletti (Cgil), Massimo Bevilacqua (Cisl), Maurizio Burlo (Uil), Fabio Goruppi (Ugl) e Paola Alzetta (Cisal), chiarito che, dal loro punto di vista, una vera trattativa non c'è mai stata, hanno aggiunto: «Il minimo che ci saremmo aspettati dalle controparti erano importi e percentuali: invece non ci è stato presentato neppure un pezzo di carta». Senza contare, rileva Ferletti, che «in una fase di avvio delle Uti, il nodo della mobilità rimane irrisolto dato che non abbiamo ricevuto alcune risposta alla nostra ipotesi di lavoro mirata a favorire spostamenti da ente a ente su criteri oggettivi».

Si sciopera, dunque. Per il comparto unico e per gli altri settori. Quelli su cui l'assessore Paolo Panontin non ha del resto potuto fare altro che rimandare alle trattative di livello nazionale. L'esercito dei 51mila è convocato a Trieste, con concentramento dalle 10 in piazzale Oberdan, sotto la sede del Consiglio regionale, corteo e comizio finale in piazza Orologio, con l'intervento conclusivo di Giovanni Torluccio, segretario generale della Uil Fpl nazionale. Dal territorio erano annunciate ieri sei corriere: tre da Udine, due da Pordenone e una da Gorizia. Molti lavoratori arriveranno anche in treno.

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