LA PROPOSTA. Un museo delle Ideologie per rileggere la storia

Dopo la diplomazia della musica di Riccardo Muti, Trieste ha bisogno di un contenitore culturale per il Novecento
Fuori programma per Riccardo Muti e per la maxi-orchestra di 360 giovani elementi, al termine dello storico ''Concerto le vie dell'amicizia'': il maestro ha infatti invitato sul palco, per un ultimo applauso i capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia. Cosi' la citta' ha applaudito Giorgio Napolitano e i colleghi sloveno, Danilo Turk, e croato, Ivo Josipovic, al termine della storica giornata che ha visto compiere ai massimi rappresentanti dei tre Paesi gesti di prima riconciliazione dopo le tragedie della Guerra. ANSA/UFFICIO STAMPA RAVENNA FESTIVAL EDITORIAL USE ONLY - NO SALES
Fuori programma per Riccardo Muti e per la maxi-orchestra di 360 giovani elementi, al termine dello storico ''Concerto le vie dell'amicizia'': il maestro ha infatti invitato sul palco, per un ultimo applauso i capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia. Cosi' la citta' ha applaudito Giorgio Napolitano e i colleghi sloveno, Danilo Turk, e croato, Ivo Josipovic, al termine della storica giornata che ha visto compiere ai massimi rappresentanti dei tre Paesi gesti di prima riconciliazione dopo le tragedie della Guerra. ANSA/UFFICIO STAMPA RAVENNA FESTIVAL EDITORIAL USE ONLY - NO SALES

TRIESTE Per decenni il peso della storia ha oppresso Trieste, gravandola di nodi irrisolti e del carico di dolore che ogni pagina non chiusa costantemente rinfocola. Ora è giunto il momento di rileggere la nostra storia tutta intera, interiorizzarla e farne simbolo visibile, fare della città un simbolo essa stessa, trasformando in valore quel ch’è stato lutto. Di qui la proposta di creare un ambizioso segno distintivo. Facciamo culminare il percorso della storia, che già esiste tra la Risiera e le Foibe e i molti altri luoghi del dolore, in un centro di conoscenza: un nuovo, grande Museo delle Ideologie che racconti con un filo unitario le abnormità del Novecento, e in particolare quel che su queste terre ha preceduto, accompagnato e seguito la Seconda guerra mondiale.

Qui tutto è accaduto, persino in pochi anni a cavallo del 1945: qui possiamo raccontarlo. Solo Berlino avrebbe potuto fare altrettanto con pari senso del tragico e del vissuto; ma ha doverosamente scelto, nel narrarsi a chi la visita, l’orrore dello sterminio e dell’antisemitismo di cui è stata essa stessa espressione. Facciamolo dunque noi: non v’è al mondo altro luogo più adatto a leggere il Novecento.

Ci muove a questo la trama di un anno che è stato determinante per voltare pagina, anche se non certo per chiudere le ferite e seppellire l’esigenza di atti di giustizia. Prima, la scorsa estate, il concerto di Riccardo Muti in piazza Unità con i Capi di Stato d’Italia, Slovenia e Croazia: un evento che per il suo carico simbolico rimarrà nei libri della storia europea, così come vi entrò nel 1971 l’incontro di ping-pong che avviò il disgelo tra gli Usa e la Cina. Poi, quest’estate, la visita del presidente Giorgio Napolitano a Lubiana e quindi a Pola per un concerto di pari impatto emotivo e politico. È stato il gesto, o meglio l’insieme di gesti, che da anni si auspicava per segnare la riconciliazione. La politica internazionale ostenta i grandi eventi, ma trae nutrimento dal tennis da tavolo e dalle note d’orchestra.

Ebbene, il percorso è tutt’altro che concluso. Parole di riparazione morale, per i torti reciprocamente inflitti e subiti, sono venute (e da lungo tempo) da Roma e recentemente da Zagabria, ma solo in parte e con palese ritrosia da Lubiana. Parole più nette e un atto di restituzione di beni oltreconfine, senza toccare i trattati esistenti, potrebbero completare il processo, ciò ch’è quanto mai doveroso verso generazioni che si vanno estinguendo.

Ma a maggior ragione Trieste dovrebbe investire in un nuovo grande percorso storico e contenitore culturale. Ciò costringerebbe anzitutto noi stessi a rileggere la storia tutt’intera, e non solo a singoli brani come quasi sempre è accaduto nei decenni e anni trascorsi per cause diverse, dal dolore patito alla convenienza politica.

La “diplomazia della musica”, avviata dal maestro Riccardo Muti in piazza Unità e ora conclusa a Pola, ci rammenta proprio la potenza della cultura, che si è spinta là dove la politica non era riuscita ad arrivare. E sulla cultura proponiamo appunto di raddoppiare la puntata.

Il Museo delle Ideologie consentirebbe di raccontare la storia di queste terre in una trama completa: fattuale, politica, sociale, economica, letteraria. Non l’illusione di un “documento condiviso”, che la famosa commissione italo-slovena tentò invano di redigere. Ma un ordito intero di fili e sofferenze che qui s’intrecciarono, e senza la surreale pretesa di fare una comparazione di lutti, come se le tragedie della storia si misurassero con la conta delle vittime. Sarebbe una grande scommessa anzitutto per la città, chiamata a proporsi a chi la visita in un contesto unitario. Sarà un caso che siamo zeppi di musei, e non ve ne sia uno che ci racconti per intero?

Già, i visitatori. La valorizzazione di Trieste come topos del Novecento darebbe anche nuova linfa al ruolo di città della cultura che sbandieriamo senza svolgere. Chi scrive è convinto che l’incessante incremento di turisti registrato in città negli ultimi anni, incremento in netta controtendenza rispetto alle città intorno a noi, sia in buona parte dovuto ai riflettori apertisi sul Novecento e alla presenza della Risiera di San Sabba e delle Foibe, che hanno attirato prima le scolaresche e poi le loro famiglie. È il mondo circostante che, come sempre, ci sta dicendo quel che dovremmo fare. A noi si chiede solo di saper ascoltare.

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