La “profezia” di 11 anni fa e il piano anti pandemia rimasto in fondo al cassetto

Nel 2009, con Tondo presidente, la Regione Fvg incaricò 16 esperti di definire strategie e misure per fronteggiare possibili epidemie da aviaria. Le soluzioni? Identiche a quelle adottate oggi  
Lasorte Trieste 22/03/20 - Via Coroneo, Emergenza Coronavirus
Lasorte Trieste 22/03/20 - Via Coroneo, Emergenza Coronavirus

TRIESTE Chiusura delle scuole, sospensione di manifestazioni ed eventi di massa, isolamento domiciliare-ospedaliero e restrizione della libertà personale. Trenta settimane di infezione, 400 mila cittadini del Friuli Venezia Giulia ammalati e 4mila decessi, non si fosse intervenuti con il “lockdown”. La complicanza più frequente? Polmonite. Chissà se la ricordano ancora, Renzo Tondo, l’assessore alla sanità Vladimir Kosic e i colleghi di giunta, quella delibera del 28 maggio 2009, erano i mesi dell’influenza suina, con cui si approvavano le “Strategie e misure di preparazione e risposta a una pandemia influenzale nella regione Fvg”. A leggere trenta pagine dell’allegato A ci sono dei passaggi che rimandano esattamente a quello che sta accadendo dal 29 febbraio scorso, giorno del primo contagio sul territorio.

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Se non si hanno notizie di Regioni particolarmente attive nel recepire il piano varato dal governo nel 2018, in sostituzione di un precedente programma di emergenza che risaliva al 2002 poi aggiornato nel 2005, il Fvg, 11 anni fa, si era infatti preparato. E mettendo insieme 16 professionisti tra dirigenti medici, veterinari e farmacisti, assistenti sanitari, medici di medicina generale e infermieri – tra gli altri l’ex direttore dell’elisoccorso Elio Carchietti, l’attuale direttrice sanitaria facente funzione di Asugi Adele Maggiore, l’ex segretario regionale Fimmg Romano Paduano –, aveva appunto disegnato uno scenario pandemico e le misure per contenerlo.



Dalla fine del 2003, si legge nell’introduzione dell’allegato, da quando in Estremo Oriente i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono divenuti endemici nei volatili e il virus ha causato infezioni gravi anche nell’uomo, il rischio di una pandemia influenzale è diventato più concreto. E l’Oms, di conseguenza, ha raccomandato di mettere a punto un piano di prevenzione.

Nel 2009 la Regione si muove per effetto di un nuovo virus, quello di tipo A/H1N1, «mai rilevato prima», e dunque tale da rendere «il rischio più concreto e vicino nel tempo». Un virus, si precisava, che si trasmette da uomo a un uomo a una distanza inferiore al metro, attraverso le vie aeree, con diffusione agevolata negli ambienti chiusi o poco ventilati, un periodo di incubazione tra 1 e 4 giorni e di contagio mediamente tra i 5 e i 7 giorni (ma i fino a 21 giorni per bambini e immunodepressi). I sintomi? Febbre superiore a 38, malessere e debolezza, mialgie e dolori generalizzati, accompagnati da tosse e raffreddore, fino a una possibile polmonite.

Appoggiandosi su simulazioni condotte dall’Istituto superiore di sanità, la Regione prevedeva lo scenario peggiore, quello che, in assenza di misure di contenimento (cioè senza farmaci antivirali, vaccinazioni o provvedimenti di sanità pubblica quali la chiusura delle scuole), avrebbe visto infettate 400 mila persone, con morte nel 1% dei casi. Supponendo che l’epidemia originasse da 5 individui positivi, la proiezione era di 1.000 malati alla nona settimana, picco tra la sedicesima e la diciassettesima e lenta discesa fino a esaurimento alla trentesima.

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Per evitare quei numeri, gli esperti misero a punto un “pacchetto” di misure. Dai consigli alla popolazione sull’adozione delle comuni norme igieniche, a partire dal lavarsi accuratamente le mani, alle norme di comportamento in caso di sospetta influenza. Per poi salire allo stop a conferenze, congressi, manifestazioni con più di 50 persone, asili nido, scuole dell’infanzia ed elementari, mentre per medie, superiori e università, si legge nel documento, «dipenderà dall’epidemiologia dell’influenza». E ancora: «Eventuali altre misure come ad esempio l’uso di mascherine di protezione, il controllo della temperatura corporea o il ricorso alla profilassi antivirale non devono influenzare la decisione di autorizzare o vietare manifestazioni e di chiudere le scuole, dato che la loro efficacia per l’intera popolazione non è sufficientemente avvalorata da dati scientifici».

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A livello sanitario andavano poi definiti il numero di posti letto ospedalieri disponibili per affrontare la fase di emergenza pandemica e il numero di respiratori meccanici disponibili, le sedi di ricovero alternative, il protocollo per il trattamento dei casi con antivirali, le misure di potenziamento dell’assistenza primaria domiciliare, i quantitativi di Dpi necessari per i medici di medicina generale. Nulla di diverso da quello che istituzioni e residenti del Fvg stanno vivendo nelle settimane del coronavirus. —


 

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