La Procura apre un fascicolo sui fondi sottratti alla Timavo

Lia: «Acquisita la denuncia, ora procederemo con le indagini nei modi opportuni» Caso partito da “copie” grafiche di vere fatture, ma con diverso beneficiario
Bonaventura Monfalcone-02.03.2018 Canottieri Timavo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-02.03.2018 Canottieri Timavo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura



La Procura di Gorizia è al lavoro sul caso della Canottieri Timavo, partito lo scorso 31 gennaio dalla denuncia del presidente Lorenzo Lorenzon resa alla Guardia di finanza sulla sottrazione di un’ingente somma di denaro dalle casse sociali, pari a circa 290 mila euro, nell’arco di almeno 4 anni. In realtà quasi 292 mila, ma un paio di migliaia di euro, comunque una cifra irrisoria, si è recuperata dopo la statuizione di un “patto” di rientro che sarebbe stato firmato a marzo 2018 dalla presunta responsabile dell’ammanco (che avrebbe nella scrittura privata pure ammesso la colpa), individuata – sempre nella segnalazione di Lorenzon – nella «tesoriera» della Timavo, senza per questo escludere la possibilità, da parte dell’autorità giudiziaria, di rintracciare eventuali altri responsabili.

«Abbiamo ricevuto la denuncia – conferma il Procuratore capo Massimo Lia – ed è alla nostra attenzione». Il fascicolo è stato aperto, ma sulle ipotesi di reato e ulteriori dettagli vige il massimo riserbo. «Procederemo con le indagini nei tempi e modi ritenuti opportuni», spiega. Come ormai noto nella denuncia del presidente del sodalizio sportivo, che conta ben 478 tesserati e vanta un’invidiabile fucina di atleti, perfino di caratura mondiale, si tira in ballo la figura di una persona deceduta qualche giorno prima della segnalazione. Dovesse la ricostruzione del presidente trovare conferma nelle indagini della polizia giudiziaria (l’unica a poter stabilire ora cosa sia accaduto negli ultimi anni e dove siano finiti i fondi) cosa accadrebbe? «Se dovesse risultare che l’unico responsabile di eventuali appropriazioni indebite è una persona deceduta – replica il dottor Lia – allora la vicenda, dal punto di vista penalistico, morirebbe lì. Altro è il discorso civilistico per il recupero del maltolto, che può coinvolgere temi ereditari». «Viceversa – conclude – se emergessero ulteriori responsabilità di soggetti in vita allora potremmo adottare tutte le misure necessarie al recupero della cifra».

Come verbalizzato nella riunione del 30 gennaio, quando per la prima volta il presidente del sodalizio ha reso noto al resto del direttivo l’ammanco, tutto sarebbe partito dal «rinvenimento di alcune fatture emesse da aziende che avrebbero operato per la società», ma agli occhi di Lorenzon «non del tutto conformi». Dopo l’assunzione di informazioni – come si legge sempre nel verbale della riunione – tramite le banche sono emerse infatti documenti incongrui. «Beneficiario – sempre nel verbale, ma la storia è riportata anche nella denuncia alla Gdf – di dette fatture risultava il tesoriere». Essendo deceduta, va detto, non è stato possibile acquisire la sua versione dei fatti.

A ogni modo, il metodo per far scomparire i soldi sarebbe stato questo, almeno per una annualità: la duplicazione grafica di fatture di una impresa che in precedenza aveva davvero lavorato per la Canottieri e che, a oggi, risulterebbe del tutto ignara della vicenda. La copia avrebbe avuto una sola difformità: gli estremi del bonifico, che venivano accreditati a diverso beneficiario. E l’impresa estranea ai fatti, che non svolgeva più lavori, ovviamente nulla incassava. –



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