La prima asta del pesce entusiasma i triestini fra scarpene e capesante
Una cinquantina di persone davanti al bancone di Eataly Il re si chiama Maurizio: presi 15 chili per una cena tra amici

Lasorte Trieste 31/05/17 - Eataly, Asta del Pesce
Colpi di scena a suon di palette di legno per girare bene il pesce nella padella. Hanno partecipato in tanti, una cinquantina di persone, all’asta del pesce lanciata ieri pomeriggio da Eataly. Ma il duello si è giocato quasi fino alla fine soprattutto tra due principali sfidanti: un uomo e una coppia. Il primo, che di nome fa Maurizio, si è portato a casa ben una decina di scarpene, quattro branzini e una cassetta di seppie, pulitura compresa. Dunque circa una quindicina di chili contro un quintale portato sul bancone.
Non è rimasto nulla. Il prossimo appuntamento è già atteso, sarà il 14 giugno, sempre alle 18. I secondi classificati, marito e moglie, si sono proposti ripetutamente in questo botta e risposta all’ultimo “sangue”. «Siamo mangiatori di pesce» , e per loro e per i due figli hanno riempito due sacchetti con un astice nostrano e tre branzini. Cinque chili per un totale di quasi 120 euro. Per il pregiato lupicante, 1,750 chili partiti da 18 euro e arrivati a 27 euro al chilo, contro un costo che normalmente si aggira attorno ai cinquanta euro, sottolinea Giara Amato, la figlia di Livio Amato, il banditore d’asta. Conducono insieme la Barcaccia negli spazi dell’ex Magazzino Vini. Prezzi all’ingrosso, ça va sans dire. Perché se fosse stata una spesa ordinaria, ecco che lo scontrino avrebbe urlato.
Nell’ora dedicata l’asta di Eataly funziona così: utensile in legno in mano per dimostrare il proprio interesse e per rilanciare la posta, ogni buttata parte da un prezzo al chilo che ogni offerente può rialzare di un euro. Ogni lotto è composto da singole specie o da pesce misto, alternato anche da molluschi e crostacei. Si sono venduti infatti pure due bei sacchetti di capesante nostrane, «raccolte questa mattina al mercato ittico» precisa il banditore. Che vuole dire ore quattro del mattino, appena i pescatori sbarcano allo Scalo legnami. Maurizio si farà con una decina di amici una scorpacciata , appunto, di scarpene gratinate al forno e branzini alla griglia. «Saremo otto, dieci persone», spiega. Per una cena conviviale su cui decidere ancora la data. A breve oppure in congelatore e ci si ripensa. Ma al signor Maurizio piace pescare? «No, no, a me piace mangiare e bere, è già qualcosa!».
Sono passati sotto gli occhi dei partecipanti anche dentici e triglie di scoglio, più buone di quelle di fango, cernie della Sicilia, tonnetti palamite, cassette d’orate, sanpieri, di tutto insomma.
In mezzo all’asta si sono infilati giovani padri in cerca della cena, consiglieri comunali che tra un aperitivo e l’altro hanno approfittato del pesce fresco, come Everest Bertoli, che si è aggiudicato la penultima tornata. «Scarpene della Sardegna», lancia l’urlo Livio. Pronto all’agguato il forzista non lascia scampo a nessuno e si porta via il bottino. Dalla cifra di partenza di 15 euro al chilo, si è arrivati a 21. Ultima chance: «Granzipori». Il rialzo non aveva una media, alcuni pezzi, soprattutto le scarpene, venivano contesi allegramente, altri esemplari un po’ meno. Ma in un negozio normale, quanto sarebbero venute queste prelibatezze? “Sono stati fatti davvero degli affari - osserva Giara - poiché le scarpene vengono anche 40 euro al chilo, altri due signori si sono portati via anche tre casse di orate in due, cioè 18 chili, e circa 30 capesante nostrane».
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