La presa d’acqua continua a fare i capricci: l’Aquario di Trieste resta chiuso

Gli assessori Rossi e Lodi spiegano le criticità irrisolte
Massimo Greco
L’esterno dell’Aquario in una foto di Andrea Lasorte
L’esterno dell’Aquario in una foto di Andrea Lasorte

TRIESTE Giorgio Rossi ed Elisa Lodi, pur nella distinzione di ruoli e opinioni, sono in questo caso accomunati da una stessa risposta: non sanno quando riaprirà l’Aquario, uno dei musei più frequentati con i suoi 50.000 visitatori fino a quando è rimasto aperto ovvero fino a metà estate 2019. Quando venne chiuso per ringiovanirlo, lifting ancora in corso.

Non c’è la data per consentire a triestini e visitatori di vedere uno dei pochi Aquari adriatici. Ormai Rossi, titolare della Cultura, mette persa anche la stagione 2024 e, benchè per molti versi sia un assessore”d’opposizione”, non se la sente di sparare sulle Croce rossa, più immalinconito che stizzito. Elisa Lodi, con delega ai Lavori pubblici, non può consolarlo in quanto anche ella dipende da un fato tecnico cinico e baro, cui si cerca di venire a capo. Assai faticosamente.

I problemi condizionanti - dice la Lodi -continuano a essere due,come nel giugno dello scorso anno, uno riguarda la caldaia, ma sembra risolvibile senza grandi stress. L’altro, che rappresenta il vero macigno, è la pompa di aspirazione dell’acqua marina, chiamata ad alimentare le vasche dei pesci. La maledetta presa, nonostante sia stata cambiata di posto e alzata, non smette di tirar su acqua sporca, piena di fango. Con la quale la fauna ittica non può evidentemente convivere. I filtri non compiono il loro dovere istituzionale di filtrare.

Sembrava che la colpa dell’increscioso boicottaggio all’ultranovantennale istituto museale (nato nel 1933) andasse addebitata alle navi da crociera, accusate di shakerare acqua sporca durante arrivi/ormeggi/partenze nelle banchine della Marittima.

Elisa Lodi non sa che pesci prendere, si potrebbe dire con uno scontato calembour: i tecnici insisteranno con prove e verifiche, poi «prenderemo le nostre decisioni». Va meglio - comunica l’assessore - sul fronte della caldaia, dove i lavori sul nuovo impianto, costato 80.000 euro, sono di imminente ripresa da parte dell’appaltatore Siram, poichè l’acqua del mare ha raggiunto la temperatura giusta per consentire l’operazione.

Ma anche la titolare dei Lavori pubblici non nasconde disappunto per questa infinita storia che va a fare compagnia al tram , alla galleria Foraggi, ai ponti sulle Rive. Per questo la Lodi vuole venirne a capo: «Abbiamo investito oltre due milioni e mezzo per riqualificare un museo in prima linea nelle politiche culturali comunali e ancora non riusciamo ad aprirlo, a distanza di quasi cinque anni da quando venne chiuso nell’agosto 2019».

Il recupero della struttura espositiva, che lo scorso anno ha compiuto 90 anni, era iniziato come un semplice refitting, affidato a due imprese Innocente & Stipanovich per la parte edile e alla sacilese Balsamini: inizialmente il Comune aveva investito circa 1,5 milioni di euro. Poi, procedendo con il cantiere, ci si rese conto che il restauro presupponeva altro tempo e altri mezzi, perchè l’età e l’acqua salata avevano lasciato il segno. E così la spesa è cresciuta, rispetto all’inizio, di 1,1 milioni.

Anche in questo caso continui annunci di riapertura, finora puntualmente smentiti. Un autentico stuolo di professionisti e di tecnici ha lavorato sopra questo sfortunato cantiere. Li aveva riepilogati nella primavera 2022 una delibera della stessa Lodi: Aulo Guagnini, Antonuo Masoli, Pietro Todaro, Francesca Petz, Fabio Radanich, Elio Flego.

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