La polizia egiziana indagò per tre giorni su Giulio

Il vertice a Roma. E ora il procuratore del Cairo vuole incontrare la famiglia
Il ritratto di Giulio Regeni
Il ritratto di Giulio Regeni

ROMA. Qualcosa si muove. In ritardo. Dannatamente in ritardo. Dopo l’incontro a Roma del procuratore generale della Repubblica araba d’Egitto, Nabeel Sadek e del Procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone emergono nuovi importanti particolari sulla morte di Giulio Regeni e, contemporaneamente, le autorità egiziane hanno finalmente deciso di fornire ai colleghi italiani i contenuti delle celle telefoniche che hanno intercettato i contatti del giovane di Fiumicello nei suoi ultimi momenti di vita al Cairo. Una documentazione «approfondita e ben fatta» che rappresenta un «salto di qualità e di chiarezza» rispetto ai mesi scorsi: in base a questi dati, infatti, è stato possibile individuare nuovi soggetti che erano presenti nella zona in cui Giulio Regeni si trovava al momento della scomparsa, il 25 gennaio, e il giorno del ritrovamento del cadavere, il 3 febbraio.

 

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È quanto trapela da fonti giudiziarie al termine dell'incontro, durato due giorni, tra i pm italiani e quelli del Cairo che indagano sulla morte di Giulio. Quanto ai dati relativi alle celle telefoniche, che rappresentava un vero vero e proprio “snodo”, nei rapporti tra inquirenti, viene sottolineato come il materiale che il procuratore generale Nabeel Sadek ha consegnato sia «un lavoro ampio e utile» allo sviluppo delle indagini.

Altro elemento ritenuto dagli inquirenti prezioso è quello relativo all'attività di indagine a cui Regeni è stato sottoposto, dal 7 gennaio scorso e per almeno altri tre giorni, dalla «polizia investigativa» del Cairo. Una iniziativa legata alla denuncia da parte del capo del sindacati indipendenti, Mohamed Abdallah, che aveva segnalato alle forze dell'ordine «l'attività di Giulio e le tante domande che faceva». Dunque la polizia egiziana conosceva bene Giulio e le sue dichiarazioni al momento del ritorvamento del cadavere quando, invece, affermava di non conoscere il ricercatore friulano appaiono assolutamente contraddittorie con quanto affermato ieri a Roma dal procuratore egiziano.

Sono altresì «deboli» gli indizi che la magistratura egiziana ha individuato sul collegamento tra i cinque componenti della banda di rapinatori poi uccisi in un blitz delle forze dell'ordine e il sequestro e l'omicidio di Giulio Regeni. Nella casa di un parente del capo della banda furono ritrovati il 24 marzo scorso documenti appartenuti al ricercatore italiano. «La Procura Generale d'Egitto - è detto in una nota - ritiene che allo stato delle indagini vi siano solo deboli indizi di un collegamento tra i cinque componenti la banda poi uccisi e il sequestro e l'uccisione di Regeni. La Procura egiziana continuerà le indagini - per verificare eventuali relazioni tra la banda criminale, di cui fanno parte anche altre persone, e gli autori dell'omicidio. Il Procuratore generale ribadisce la volontà di continuare le indagini sino alla scoperta dei colpevoli senza escludere nessuna pista investigativa».

 

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Participants in the torchlight to remember Giulio Regeni, an Italian student murdered in Cairo (Egypt), in front of the Pantheon, in the centre of Rome, Italy, 25 July 2016. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

 

Dunque, un’altra ulteriore conferma, di come ci sia stato un vero e proprio depistaggio di Stato nei confronti del caso di Giulio. Un depistaggio per permettere che venissero poste in essere tutte le coperture necessarie per nascondere il vero o i veri colpevoli dell’atroce morte del ragazzo finito, con ogni probabilità, dentro una cruenta lotta di potere all’interno dei servizi di intelligence egiziani ancora spaccati tra fedeli al nuovo regime di Al Sisi e sostenitori ancora dei Fratelli musulmani vicini al deposto Morsi.

Al termine dei colloqui fra magistrati dei due Paesi si è saputo che il Procuratore generale d’Egitto, Nabeel Sadek ha espresso la volontà di incontrare nelle prossime settimane a Roma i genitori di Giulio. Sadek, che oggi rientrerà al Cairo, tornerà dunque a Roma nelle prossime settimane per avere un colloquio con il padre e la madre del ricercatore. Nella nota diffusa dopo il vertice è spiegato che Sadek intende esprimere ai genitori di Giulio «l'impegno e la volontà di giungere alla scoperta e alla punizione dei colpevoli di un così grave delitto».

Ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha telefonato ai genitori di Giulio rinnovando loro la sua personale vicinanza e di tutto il Governo. Il ministro ha fatto riferimento alle valutazioni della Procura di Roma, definendo «utili» e proficui i colloqui con il procuratore generale egiziano.

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