La peste suina preoccupa l’Est: strage di maiali in Romania
BELGRADO Febbre alta, perdita di appetito, emorragie cutanee e agli organi interni. Infine la morte, che arriva praticamente nel 100% dei casi entro dieci giorni. È la descrizione di una vera peste, che ancora oggi colpisce in Europa. Non gli esseri umani – il contagio non è possibile e il morbo non si trasmette neppure ad altre specie animali – ma suini domestici e selvatici. Si chiama peste suina africana (Asf) e sta uccidendo migliaia di maiali in particolare in Romania, da mesi il Paese-epicentro di una diffusione sempre più grave che allarma l’intera Europa centro-orientale.
In Romania sono più di 700 i focolai accertati dalle autorità: l’area sudorientale del Paese, inclusa quella del Delta del Danubio, è la più colpita. Tutti gli animali sospettati di essere stati contagiati «devono essere eliminati», ha ribadito l’Autorità nazionale veterinaria e per la sicurezza alimentare (Ansvsa), mentre la stampa ha illustrato che finora sono oltre 150.000 i maiali soppressi in allevamenti e fattorie romene. Ma non c’è soluzione. Come ricorda la World Organisation for Animal Health, «non ci sono trattamenti o vaccini contro l’Asf» e, quando l’epidemia è acclarata, l’unica via è «diagnosi rapida, abbattimento, consegna e deposito delle carcasse in strutture ad hoc».
La “strage” però sta assumendo proporzioni ancora più ampie. L’Ansvsa ha infatti confermato che il più grande allevamento di suini nel Paese – il secondo in Europa – localizzato nell’area di Braila, è stato contaminato, probabilmente perché gli animali venivano dissetati con acqua prelevata dal Danubio, infettata dalle carcasse di altri suini. Nei giorni scorsi «abbiamo mandato i campioni prelevati» dall’allevamento ai laboratori e «i test hanno confermato la presenza del virus», ha annunciato il direttore del locale servizio sanitario, Gicu Dragan. L’annuncio va letto come una condanna a morte per tutti i 140 mila suini presenti nell’azienda: la mattanza è iniziata nelle scorse ore. E mentre gli animali vengono eliminati, piccoli e grandi allevamenti attendono stime precise sui danni. Ma si parla già di «centinaia di milioni di euro», in parte coperti da risarcimenti. E di migliaia di posti di lavoro a rischio in un comparto «sull’orlo della bancarotta», è l’allarme lanciato dal presidente romeno Iohannis che ha attaccato il governo, accusandolo di aver preso sottogamba l’epidemia.
Ma non è solo la Romania a osservare con inquietudine gli sviluppi della situazione. È stata appena completata, ha annunciato la Bulgaria – dove non sono segnalati ancora casi di Asf – una recinzione metallica al confine romeno per impedire l’ingresso di cinghiali infetti: una soluzione annunciata anche dalla Danimarca per evitare problemi in caso di epidemia in Germania. Anche la Serbia si muove, con la creazione di «un centro nazionale che si occupa del problema Asf», ha promesso il ministro dell’Agricoltura Nedimović, ricordando che Belgrado ha già bloccato da tempo l’import di prodotti di origine suina da Romania e Ungheria. Sì, anche dall’Ungheria, perché nel Paese sono stati segnalati focolai nei mesi scorsi. E lo stesso è accaduto in Moldova, Polonia, Repubblica Ceca, Polonia, Ucraina, nei Paesi Baltici.
Il salto della malattia verso Occidente «non c’è stato», per ora, hanno avvertito le autorità di Londra, fra i tanti Paesi Ue che monitorano con attenzione la questione. Intanto l’Est, e non solo, guarda con timore l’evoluzione della peste.
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