La pesca di frodo svuota i fondali delle Brioni

Il patrimonio ittico è diminuito del 60%. L’allarme dell’Istituto oceanografico di Spalato. Difficile catturare i trasgressori

POLA. Da 11 anni a questa parte il patrimonio ittico nel Parco nazionale di Brioni è diminuito addirittura del 60%, come affermano gli studiosi dell’Istituto oceanografico di Spalato, e se non si corre ai ripari quanto prima, ben presto si arriverà a una situazione senza ritorno. Quali le cause del fenomeno? Risponde il biologo del parco Sandro Dujmović spiegando che l’indice va innanzitutto puntato contro i pescatori di frodo che è difficile cogliere con le mani nel sacco a causa della legislazione alquanto lacunosa.

«I pescatori fuorilegge li conosciamo bene, non sono molto numerosi però con la loro pesca sconsiderata arrecano danni enormi. Dispongono di imbarcazioni con motori di 250–300 cavalli e di radar molto sofisticati che segnalano subito l’avvicinamento delle motovedette della polizia o dei ranger del parco per cui si danno alla fuga in tempo utile», spiega il biologo.

«Molte volte succede - aggiunge Dujmović - che fuggendo lasciano in mare chilometri e chilometri di reti, una perdita calcolata per la quale dunque vale la pena rischiare. Qualcuno siamo riusciti a coglierlo sul fatto, però poi ha spiegato al giudice di esser sconfinato nelle acque del parco causa un guasto al motore, per cui era in balia delle onde e della corrente».

Secondo Dujmovic ai ranger del parco bisognerebbe assegnare maggiori competenze come la possibilità di comminare sul posto multe più pesanti e il sequestro degli arnesi da lavoro. «Comunque la soluzione ideale per combattere il bracconaggio in mare - spiega il biologo - sarebbe quella di installare sui motopesca fuorilegge gli apparecchi Gps in modo da monitorarne continuamente i movimenti».

Suggerisce inoltre una campagna di sensibilizzazione della cittadinanza a segnalare ai ranger o alla polizia la presenza dei motopesca nelle acque proibite. Ed è risaputo che le acque attorno alle isole Brioni abbondano o abbondavano di pesce pregiato come orate, branzini, sogliole, dentici, cefali che dunque rischiano di sparire. Di solito il pescato di frodo finisce nella cucina dei ristoranti più rinomati i cui proprietari pagano piuttosto bene.

Però oltre all’uomo c’è un’altra causa della sensibile riduzione del fondo ittico. Una causa naturale, vale a dire il pesce serra uno dei maggiori predatori del mare che negli 15 anni ultimi anni si è spinto dall’Adriatico meridionale verso quelle settentrionale. «La presenza del pesce serra - spiega Dujmović - è confermata dalle ferite sui pesci che sono riusciti a liberarsi dalla sua presa». «Ma non solo - continua - lo vede in azione anche il personale sulle piattaforme del gas, attorno alle quali c’era molto più pesce di adesso». Per il biologo comunque c’è ancora spazio di manovra per salvare il salvabile. 

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