La pattuglia degli ex eletti del Friuli Venezia Giulia “tagliati” dalla cura Fico

Sono una trentina. I friulani Migliorini e Tombesi nella top 5 dei vitalizi più ridotti. Tutti gli effetti della delibera sugli assegni. Domani giornata chiave alla Camera
Il presidente della Camera, Roberto Fico e la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, durante la cerimonia conclusiva dell'edizione 2018 dell'iniziativa "Dalle aule parlamentari alle aule di scuola. Lezioni di Costituzione" presso l'aula di Palazzo Montecitorio a Roma, 2 giugno 2018. ANSA/CLAUDIO PERI
Il presidente della Camera, Roberto Fico e la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, durante la cerimonia conclusiva dell'edizione 2018 dell'iniziativa "Dalle aule parlamentari alle aule di scuola. Lezioni di Costituzione" presso l'aula di Palazzo Montecitorio a Roma, 2 giugno 2018. ANSA/CLAUDIO PERI

TRIESTE Giovanni Migliorini primo, Giorgio Tombesi quinto. Uno del Partito comunista, l’altro della Dc. Sono friulani due dei primi cinque deputati più sforbiciati dalla riforma Fico sui vitalizi. Migliorini, di Pasiano di Pordenone, 90 anni, perderebbe sulla carta l’85,6%, si applicasse il ricalcolo voluto dal presidente grillino della Camera. Tombesi, udinese, 92 anni, si fermerebbe all’84,8%, poco meno. Quasi coetanei, Migliorini e Tombesi sono entrati a Montecitorio nel 1976, la settima legislatura segnata da tre governi Andreotti, e poi nel 1979, l’ottava, con i due governi Cossiga, poi Forlani, due volte Spadolini e Fanfani V. Usciti da Palazzo nel 1983, gli sono bastati sette anni per portare a casa, ancora oggi, quasi 5 mila euro di vitalizio al mese. Un regalone, prima che il governo 5Stelle-Lega mettesse nero su bianco i tentativi di contenimento avviati già la scorsa legislatura.


Nell’elenco di 1.240 deputati “tagliati”, pubblicato nel sito di Repubblica, Migliorini mette tutti dietro: se passa la riforma, il suo assegno – sono cifre lorde – sprofonderebbe da 4.725 a 677 euro. E quello di Tombesi da 4.725 a 716: dall’età dell’oro a livelli da pensione sociale. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché la scure grillina, nella delibera che l’Ufficio di presidenza della Camera è chiamato ad approvare domani, pur prevedendo, per tutti, il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, ha fissato una soglia di salvaguardia: per chi subisce una decurtazione superiore al 50% non si potrà scendere sotto i 1.470 euro mensili. Non una catastrofe, ma il taglio sarà comunque pesantissimo. E, secondo i calcoli dei proponenti, consentirà un risparmio di 40 milioni all’anno. A contribuire sarà anche una trentina di eletti Fvg. A partire dai deputati, o comunque da chi nell’ultima legislatura in carriera ha lavorato alla Camera. Nella lista non compaiono infatti senatori o parlamentari con ultimo mandato al Senato: è noto, del resto, che la presidente di Palazzo Madama Casellati non la pensa allo stesso modo, preoccupata com’è che la delibera Fico possa incidere sui diritti acquisiti. Mancano così, tra gli altri, Milos Budin e Ferruccio Saro.



Spulciando qua e là ecco Roberto Antonione, l’ex presidente della Regione, coordinatore nazionale di Forza Italia e due volte parlamentare, che vede scendere la pensione pubblica del 31%, da 6.217 a 4.444 euro al mese. Ancora più pesanti le riduzioni per il leghista Rinaldo Bosco (da 6.590 a 3.855, –41,5%), Michelangelo Agrusti, attuale presidente di Unindustria Pordenone (da 4.725 a 2.832, –40%), Ivano Strizzolo, presidente della commissione Paritetica (da 3.232 a 2.106, –39,5%), il centrista Angelo Compagnon (da 3.232 a 2.127, –39%) e il sindaco di San Vito al Tagliamento Antonio Di Bisceglie, eletto a fine anni Novanta con il Pds (da 3.108 a 2.020, –35%). E ancora Giorgio Santuz, l’ex ministro dei Trasporti Dc, che scenderebbe da quota 10.009 a 6.605 (-34%), il diessino Elvio Ruffino (da 4.725 a 3.333, –31,8%), il sindaco leghista di Udine Pietro Fontanini, senatore per un mandato, deputato per due (da 6.590 a 4.641, –29,6%).

Tolti Migliorini e Tombesi, però, i più penalizzati dall’operazione pentastellata sarebbero l’avvocato udinese Pier Giorgio Bressani, a Roma dalla quarta alla nona legislatura (da 9.760 a 4.117, –58%), l’aquileiese del Pds Renzo Pascolat (da 3.108 a 1.274, –58%), la forzista della prima ora Antonietta Marucci Vascon (da 3.108 a 1.356, –56%), il socialista Aldo Gabriele Renzulli (da 4.725 a 2.306, –51%), il democristiano monfalconese Luciano Rebulla (da 4.725 a 2.491, –47%), lo zaratino Renzo de’ Vidovich, missino della sesta legislatura (da 3.108 a 1.671, –46%), e il sandanielese diccì Danilo Bertoli (da 4.725 a 2.562, –46%). C’è poi il caso di Manlio Collavini, imprenditore friulano, forzista, che si vede ricalcolato il vitalizio all’insù: da 6.590 a 7.354 euro. Uno dei 67 a vedere lievitare il nuovo assegno. Ma la clausola di salvaguardia prevista in delibera fissa il tetto all’ultima pensione percepita. —


 

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