La “partita” dei teatri: il ministero riapre i giochi sulla Contrada

Dopo le 12.302 firme raccolte Roma risponde: «Valuteremo». La Reggio: «Non posso cancellare 40 anni di storia»
La consegna delle firme al sindaco Roberto Cosolini
La consegna delle firme al sindaco Roberto Cosolini

«Valuteremo». Il ministero (il Mibact) ha risposto alle osservazione del Teatro La Contrada. Uno verbo al futuro arrivato via Pec (posta elettronica certificata) che apre uno spiraglio dopo il doppio declassamento del teatro di via Ghirlandaio. «Una risposta da Roma è arrivata. Siamo in attesa di una rivalutazione» fa sapere Livia Amabilino durante l’incontro pubblico al Circolo della Stampa di Trieste convocato appunto per affrontare il caso della Contrada: «Più di 12.300 firme raccolte in tre settimane, e adesso? Rischio declassamento scongiurato?».

Oltre dodicimila firme per la Contrada

La risposta del ministero arriva dopo che la Commissione prosa, non accogliendo la domanda come Teatro di rilevante interesse culturale (Tric), aveva lasciato il La Contrada di fronte a un bivio: o impresa di produzione teatrale (compagnia di giro) o organismo di programmazione (sala di ospitalità). «Noi non siamo né una cosa e nè altra, ma la somma di entrambe. Quindi non si capisce perché non siamo stati riconosciuti come centro di produzione» spiega la presidente della Contrada.

L’incontro pubblico, introdotto dal presidente del Circolo della Stampa Rino Alessi e moderato dalla giornalista Rai Viviana Valente, risulta alquanto privato. Nonostante le oltre 12 mila firme raccolte e la presenza del mito Ariella Reggio gli spettatori accorsi al Circolo della stampa (a ingresso libero) sono 6 compreso Milos Budin, presidente del Rossetti, uno dei due teatri di rilevante interesse riconosciuti dal ministero (l’altro è lo Sloveno).

La Contrada sferra il “contrattacco”

Una platea striminzita che stride un po’ con la premessa dell’incontro di ieri: «È cronaca recente l'inaspettato traguardo raggiunto dal Teatro che, in un periodo di disimpegno sociale e di generalizzata disaffezione, in tre settimane ha raccolto ben 12.302 sottoscrizioni all’appello lanciato dopo la comunicazione ministeriale di ricollocarlo come Impresa, o come organismo di programmazione teatrale».

Al fondo c’è il decreto valore cultura che ha riclassificato l’intero sistema teatrale italiano lasciando in una situazione di assoluta precarietà. «Siamo a fine aprile e non sappiamo ancora quanti soldi prenderemo per l’anno in corso. Ci è stato garantito, come clausola di salvaguarda, il 70% del contributo del Fus del 2014 (485mila euro). Nel 2016 ci sarà un serio problema di risorse» aggiunge Amabilino che «Sono arrivato nel momento peggiore. Impossibile fare programmazione in queste condizioni» spiega Matteo Oleotto, chiamato dal successo di “Zoran, il mio nipote scemo”, a prendere il posto di direttore artistico che fu di Francesco Macedonio.

«Ci chiedono di essere quello che non siamo»

«Ho accettato questo meraviglioso incarico perché è arrivato in un teatro che è radicato sul territorio. Bisogna ritornare a fare cultura dal basso e soprattutto portare i giovani a teatro» spiega il regista coccolato a vista da Ariella Reggio che l’ha prescelto come direttore artistico dopo aver lavorato con lui in Zoran. «Questo teatro è nato nel 1976 da quattro pazzi scatenati. Il prossimo anno faremo 40 anni. La burocrazia ministeriale non può cancellare 40 anni di storia. l mio entusiamo è quello di allora. Va bene i giovani, ma io non mollo. I giovani hanno bisogno della nonna» chiarisce subito al direttore artistico con la barba.

E, seduto in mezzo ai sei spettatori, si fa sentire anche Budin con una proposta:«Ritengo che si ovvio che una città concepisca i propri teatri come sistema. Parlo della Contrada, del Rossetti, dello Sloveno e anche del Verdi, il teatro lirico». Un’alleanza triestina per fronteggiare una riforma dagli esisti alquanto incerti.
 

Riproduzione riservata © Il Piccolo