La nuova geografia del Pd Fvg tra “zingarettiani”, dialoganti e oppositori
TRIESTE Zingarettiani, dialoganti, oppositori. Se non li si vuole chiamare con i nomi delle correnti, anche perché in pochi vi appartengono dichiaratamente, i dem del Friuli Venezia Giulia sono divisi in tre aree. C’è chi sta con il nuovo segretario, senza averne il culto. Chi ha sospeso il giudizio e attende di vedere all’opera la segreteria appena nominata dal presidente della Regione Lazio, ma non approva la fase dell’esclusione. Come per esempio Debora Serracchiani: «Un partito non dovrebbe ripetere due volte l’errore di tener fuori pezzi della sua minoranza». E chi infine, proprio per l’epurazione del vecchio corso renziano, pur non appartenendo a nessuna corrente, e senza manifestare aperta nostalgia per l’ex premier, ha già sentenziato: così non va.
La fine della pace - oggi i primi, importanti riflessi in direzione nazionale - è certificata da Ettore Rosato che dice: «Non vedo una leadership». Dichiarazione che traduce la convinzione di più di un democratico sulla carenza di carisma di Zingaretti (e pure di Maurizio Martina, in tanti dicono che non sarebbe cambiato un granché). Il vicepresidente della Camera, che con Renzi fu capogruppo a Montecitorio, membro influente del cerchio magico e “papà” della legge elettorale, non fa passi indietro, ma precisa: «Non è un commento contro Zingaretti. E non ho obiezioni sulla segreteria: l’ha scelta lui a immagine del partito che desidera». Un partito a filiera Pci-Pds-Ds, senza provenienze della Margherita, con i renziani banditi. Rosato non ha il timore di collocarsi tra chi non condivide. Né si è entusiasmato per un risultato del voto europeo che fa segnare solo tre punti percentuali in più rispetto alle politiche del 2018 pur avendo sul carro delle europee anche i D’Alema, i Bersani, i Prodi, i Pisapia, i Tabacci, le Lorenzin. Troppo poco dopo un anno di opposizione a un governo marcatamente di destra.
Altri esponenti Fvg, dopo aver sostenuto Martina, preferiscono invece una posizione d’attesa. Sono quelli di “Fianco a fianco”, dal nome della mozione congressuale dell’ex ministro delle Politiche agricole. Li chiamano «dialoganti» perché vicini alla segreteria, con lo stesso Martina indicato per la revisione dello statuto. Ci sono tra questi Serracchiani, i consiglieri regionali Franco Iacop e Diego Moretti, l’ex parlamentare pordenonese Giorgio Zanin. L’ex presidente della Regione, che è stata vicesegretaria di Renzi e responsabile dei trasporti, e ora, insieme ad Anna Ascani, è vicepresidente del partito, non fa mancare il suo richiamo. «I segretari, una volta eletti, vanno aiutati a lavorare al meglio. Ma Zingaretti e il presidente Gentiloni diano a loro volta un segnale inclusivo - incalza Serracchiani -. E se qualcuno vuole uscire dal partito, lo faccia subito, non stia a scrutare il momento più utile. Il Paese è in tale stato di pericolo che c’è bisogno di tutti. Anzi, c’è bisogno di aprirsi e fare entrare forze nuove. Di certo va evitato il ritorno delle lotte intestine».
Anche Sergio Bolzonello, capogruppo in regione tuona contro balletti e litigi quotidiani: «Sono fuori da ogni logica. Non a caso, grazie all’unità e a una prospettiva data al paese, la gente, seppure con prudenza, è tornata a credere nelle proposte del Pd. Chi non ci si ritrova, faccia un altro partito. Diversamente, si lavori per la produzione di idee in un’unità non solo di facciata».
Con Zingaretti, senza tentennamenti, si confermano invece i sostenitori della prima ora. Ci sono il più votato in Consiglio regionale Francesco Russo, l’ex sindaco di Trieste Roberto Cosolini, la giovane indicata in direzione nazionale direttamente dal segretario Caterina Conti, gli udinesi Vincenzo Martines e Alessandro Venanzi. Russo ha parole decise contro chi alimenta una nuova stagione di veleni: «Non capire in questo momento che c’è bisogno di unità per risolvere i problemi e fronteggiare una destra come mai abbiamo visto prima significa voler perdere tempo in beghe che agli elettori non interessano. La segreteria Zingaretti? I giudizi si danno quando le persone iniziano ad agire. Le critiche di questi giorni sono inutili e pretestuose».
Una raccomandazione arriva anche dall’ex segretario regionale Salvatore Spitaleri, che crede sia però necessario rimettere mano alla segreteria, «che segna un passo indietro rispetto al modello delle liste europee, quello di una progettualità più aperta e inclusiva. La penso esattamente come in un fresco post di Calenda: basta con gli inutili conflitti mentre il paese fa ogni giorno un passo verso il baratro. Si deve costruire un governo ombra e lavorare alla coalizione e al programma». —
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